“Il grande rito internazionale di questi movimenti, il Primo Maggio (1890), nacque spontaneamente nell’arco di un periodo sorprendentemente breve. In un primo momento si proponeva come una grande giornata di sciopero generale accompagnata da dimostrazioni in favore delle otto ore lavorative, fissata ad una data che già da parecchi anni si identificava con quella richiesta negli Stati Uniti. In Europa la scelta della data fu sicuramente dettata da considerazioni pragmatiche, ed è probabile non possedesse significati rituali nemmeno negli Stati Uniti, che già celebravano la «Festa del Lavoro» alla fine dell’estate. È stato sostenuto, e la cosa è plausibile, che l’occasione doveva coincidere con la data del ‘Moving Day’, tradizionale scadenza dei contratti di ingaggio agricolo nel New York e nella Pennsylvania (1). Se anche questa, come altra analoghe scadenza contrattuali dell’agricoltura tradizionale europea, aveva fatto parte in origine del ciclo dell’anno lavorativo pre-industriale, così carico di significati simbolici, appare evidente che il suo nesso con il proletariato industriale fu fortuito. La nuova Internazionale socialista e operaia non prevedeva una particolare forma di manifestazione non soltanto l’idea di una festa dei lavoratori non veniva nemmeno menzionata nella prima risoluzione di quell’organismo, ma diversi rivoluzionari militanti la contestavano energicamente per motivi ideologici. E invece la scelta di una data così carica di simboli della tradizione antica si rivelò decisiva, anche se – come sostiene Van Gennep – in Francia l’anticlericalismo del movimento operaio si oppose all’inserimento delle pratiche del folclore tradizionale nel suo Primo Maggio (2). Fin dall’inizio l’occasione richiamò e inglobò elementi rituali e simbolici, divenendo una celebrazione quasi religiosa (‘Maifeier’), una festività in entrambe le accezioni della parola (Engels, che prima la definiva «dimostrazione», dopo il 1893 la chiama ‘Feier’ (3), Adler individua questo elemento in Austria a partire dal 1892, Vandervelde in Belgio a partire dal 1893). Andrea Costa ne dà una sintetica definizione per quanto riguarda l’Italia (1893): «I cattolici hanno la Pasqua. D’ora in avanti anche i lavoratori avranno la loro Pasqua» (4); più rari, ma esistono, i raffronti con la Pentecoste. Da Charleroy (Belgio) ci viene un «Sermone del Primo Maggio» curiosamente sincretistico del 1898, che si apre con la doppia epigrafe «Proletari di tutto il mondo, unitevi» e «Amatevi l’un l’altro» (5). Le bandiere rosse, unici simboli universali del movimento, ci furono fin dall’inizio, ma anche, in diversi paesi, i fiori: il garofano in Austria, la rosa rossa (di carta) in Germania, l’erica e il papavero in Francia, mentre il biancospino, simbolo di rinnovamento, veniva progressivamente sostituito e infine – con gli anni ’50 del nostro secolo – spodestato dall’apolitico mughetto” (pag 272-273) [(1) M. Dommanget, Histoire du Premier Mai, 1953, pp. 36-37; (2) A. Van Gennep, ‘Manuel de folklore Français’, volume I, tomo IV, ‘Les cérémonies périodiques’, cycliques et saisonnières, 2. Cycle de Mai, Paris, 1949, p. 1719; (3) Engels a Sorge, 17 maggio 1893 in ‘Briefe und Auszüge aus Briefen an F.A. Sorge u. A., Stuttgart, 1906, p. 397. Cfr. anche Victor Adler, ‘Aufsätze. Reden und Briefe’, Wien, 1922, 1, p. 69; (4) M. Dommanget, Histoire du Premier Mai, 1953, pp. 343; (5) E. Vandervelde e J. Destrée, ‘Le socialisme en Belgique’, Paris, 1903, pp. 417-18] [HOBSBAWM Eric J. RANGER Terence a cura; scritti di Hugh TREVOR-ROPER Prys MORGAN David CANNADIBE Bernard S. COHN Terence RANGER Eric J. HOBSBAWM, L’invenzione della tradizione, Einaudi, Torino, 1994]