“La guerra franco-prussiana impedì il Congresso di Parigi. Ma definì la dottrina dell”Internazionale’ intorno alla guerra e diede luogo ad alcune manifestazioni, sia pure platoniche, di solidarietà proletaria. Sulla guerra l’opinione dei delegati dei lavoratori è ferma e irrevocabile: la guerra non scioglie i problemi che vorrebbe risolvere e ne propone di sempre più gravi. In tema di solidarietà internazionale: solidarietà prima nella pace e per la pace, e poi nella rivoluzione. Il 17 luglio [1870], una grande assemblea composta di circa 65 mila operai tenuta a Chemnitz (Sassonia) prendeva la risoluzione seguente: “In nome della democrazia tedesca e specialmente in nome degli operai tedeschi, noi dichiariamo la guerra attuale puramente dinastica, stendiamo fraternamente la mano ai nostri fratelli di Francia, dichiariamo che la più stretta solidarietà li unisce a tutti gli operai del mondo, ed avvertiamo che a Lipsia, ed in altre città della Germania, assemblee popolari saranno convocate per prendere le stesse risoluzioni”. Un altro manifesto diceva: “Se le classi operaie della Germania permettono alla guerra attuale di perdere il suo carattere strettamente difensivo e di degenerare in guerra offensiva contro il popolo francese, una vittoria od una disfatta saranno egualmente disastrose: tutte le miserie che desolarono la Germania dopo la guerra per l’indipendenza si ravviveranno con intensità accumulata”. Dal loro canto gli affiliati tedeschi dell”Internazionale’ rispondevano, in occasione della rivoluzione del 4 settembre: “Sinché le armi di Napoleone minacciavano la Germania, era nostro dovere cooperare alla guerra di difesa, alla guerra in nome della patria indipendenza. Ma ora, il governo democratico attuale (di Parigi) sarà penetrato dal sentimento che il popolo francese e il popolo tedesco sono fratelli, ch’essi hanno gli stessi interessi, lo stesso dovere d’unirsi nello spirito dei tempi moderni per non essere rivali che nelle arti gloriose della pace. E’ interesse della Germania di concludere una pace onorevole colla Francia, perché una pace vergognosa sarebbe una tregua che durerebbe sino al giorno in cui la Francia si sentisse abbastanza forte per scuotere quest’onta…”. A Zurigo, il 4 giugno, una riunione di membri dell”Internazionale’ dichiara all’unanimità che “la lotta sostenuta dalla ‘Commune’ di Parigi è giusta, è degna, è in armonia con le idee d’un tempo migliore avvenire, e che tutti gli uomini che riflettono devono combattere con essa”. A Bruxelles, la sezione belga dell”Internazionale’, nella sua riunione del 5 giugno, dichiarava di “acclamare solennemente la ‘Commune’ di Parigi, vinta momentaneamente, e di riconoscere ch’essa aveva bene meritato dall’umanità, ed avere coloro che han combattuto con essa diritto al rispetto ed alla simpatia di tutti gli uomini di cuore”. Le sezioni di Ginevra votavano pure all’unanimità un indirizzo alla ‘Commune’, dichiarando che essa “esprimeva le aspirazioni economiche delle classi operaie”. I giornali dell”Internazionale’ facevano eco alle deliberazioni prese dalle assemblee delle sezioni. L”Egalité’, parlando degli incendi di Parigi, diceva: “Quanto a noi non abbiamo che un voto: che questo fuoco possa illuminare il popolo delle provincie, che esso ravvivi la vendetta nel suo cuore”. E nel numero del 10 giugno: “Noi sapevamo ciò che la ‘Commune’ ci recava, noi l’avevamo già detto e lo ripeteremo ancora e sempre sino al trionfo definitivo della rivoluzione internazionale dei lavoratori”. Liebknecht e Bebel dicevano: “Noi siamo e ci dichiariamo solidali della ‘Commune’ di Parigi, e siamo pronti a sostenere i suoi atti ora e sempre e contro chiunque”” [Giacomo Perticone, Linee di storia del comunismo, 1944]