“Parafrasando Hegel si potrebbe dire che i puri politici sanno che la storia non è stata quasi mai maestra di vita, dell’azione pratica. Sono gli studiosi, gli storici, a poter e dover imparare dalla storia, e dunque anche dalla storiografia. L’impulso politico lo si scorge anche in Croce e Volpe, nella trattazione di Mazzini da parte di Omodeo e Salvatorelli, esso è esplicito negli scritti di storia contemporanea di Salvemini, la cui influenza su Gramsci è stata ben sottolineata da Gastone Manacorda e potremmo facilmente identificarlo nelle opere di Thiers o di Jaurès sulla rivoluzione francese e su quel che ne è seguito (33). Se tutte queste opere appartengono alla storiografia, è perché la riflessione storica è poi prevalsa in esse sull’impulso politico. Il problema di Gramsci è reso più complesso dalla sua stessa concezione della storia. In una recente assai stimolante relazione su Gramsci storico, Giuseppe Galasso ha ricordato che nel pensiero gramsciano la filosofia e la storiografia non sono mai disgiunte – non fosse che come componenti dell’egemonia culturale – dalla politica in atto (34). Questo convincimento caratterizza la maggior parte dei marxisti, benché non ci pare che caratterizzi altrettanto il primo grande marxista italiano, Antonio Labriola. Per Marx ed Engels ciò implica in ogni modo la fiducia in un «socialismo scientifico», in una politica socialista che sia la risultante di quel che il filosofo, lo storico, l’economista, rintracciano nella realtà e nel suo divenire, ossia nella storia, e che vi rintracciano attraverso studi aventi validità scientifica. In questo senso non già la storia – per il motivo addotto da Hegel – ma l’analisi scientifica della storia sarebbe maestra della vita. Nel giovane Marx, ma anche in Lenin e in molti altri socialisti di varie tendenze, l’influenza della storiografia o pubblicistica pro-giacobina (anche se priva di basi scientifiche) è innegabile. Otto Bauer riscontrava il mito del 1793 persino nella socialdemocrazia austriaca e tedesca, che pure non agì mai alla maniera dei giacobini. La posizione di Marx personalmente era facilitata dal non essere legato ad una partito politico organizzato. Il partito al quale si votava, esisteva solo come largo movimento storico. Alle organizzazioni nelle quali fu attivo, invero con efficacia determinante, ma senza per questo sopravalutarne le funzioni, che riteneva limitate nel tempo, Marx appartenne sempre con la riserva che non dovevano compromettere il carattere scientifico del suo pensiero. Pur venendo da Hegel, Marx fu uomo di quel secolo della scienza che per la maggior parte del suo corso l’Ottocento è stato” (pag 53-54) [Leo Valiani, ‘La storia d’Italia dal 1870 al 1915’ (pag 53-54)] [(in) ‘Annali della Fondazione Einaudi, vol. I, 1967] [(33) ‘Studi gramsciani. Atti del convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958’, Roma, 1958, specie a pp. 503 segg.; (34) G. Galasso, ‘Gramsci e i problemi della storia italiana’ (Relazione al Convegno di studi gramsciani tenuto a Cagliari nell’aprile 1967)]
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- Articolo pubblicato:23 Giugno 2021