“Questo incontro tra il marxismo ed il mondo non europeo esigeva una mediazione, che è stata opera di Lenin. Certo, il marxismo di Marx contiene già, più di quanto non voglia ammetterlo l’interpretazione cosiddetta «ortodossa», i germi di un adattamento alle condizioni dell’Oriente: ma non si tratta che di approcci. Per di più, se lo stesso Marx era pronto ad assegnare all’Asia una parte più importante nella rivoluzione mondiale di molti dei suoi discepoli, sul piano della cultura egli non vedeva che una sola via di salvezza per l’Oriente: «l’europeizzazione». È Lenin, cittadino d’un vasto impero a cavallo tra l’Europa e l’Asia, il primo che ha spalancato le porte all’introduzione del marxismo in Asia. Ma se ha aperto queste porte, non poteva però prevedere l’uso che sarebbe stato fatto della sua variante del marxismo dai rivoluzionari dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina, una volta che se ne fossero impadroniti. Questo non solo perché egli è morto alle soglie dell’èra che aveva inaugurato, ma perché, nonostante un’apertura ai problemi dell’Asia maggiore di qualsiasi altro eminente socialdemocratico della sua generazione, era lui stesso molto europeo come mentalità e come esperienza. In qual modo avrebbe potuto l’uomo, il cui pensiero si formò nel corso degli anni trascorsi a Parigi e a Zurigo, immaginare le trasmutazioni di questo pensiero, quando sarebbe stato trasformato ad opera di spiriti formatisi nelle società asiatiche tradizionali o nella boscaglia africana?” (pag 13-14) [Presentazione] [(in) ‘Il marxismo e l’Asia dal 1853 a oggi’, a cura di Hélène Carrere D’Encausse e Stuart R. Schram, Ugo Bozzi editore, Roma, 1967] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]