“Ma, una volta accolto nel processo produttivo del capitale, il mezzo di lavoro percorre diverse metamorfosi, di cui l’ultima è la ‘macchina’ o, piuttosto, un ‘sistema automatico di macchine’ (sistema di macchine; quello ‘automatico’ è solo la forma più perfetta e adeguata del macchinario, che sola lo trasforma in un sistema), messo in modo da un automa, forza motrice che muova se stessa; questo automa consistente di numerosi organi meccanici e intellettuali, in modo che gli operai stessi sono determinati solo come organi coscienti di esso. Nella macchina, e ancor più nel macchinario come sistema automatico, il mezzo di lavoro è trasformato – nel suo valore d’uso, e cioè nella sua esistenza materiale – in realtà esterna adeguata al capitale fisso e al capitale in generale, e la forma in cui è stato accolto – come mezzo di lavoro immediato – nel processo produttivo del capitale, è tolta e trasformata in una forma posta dal capitale stesso e ad esso corrispondente. La macchina non appare in alcun modo come mezzo di lavoro dell’operaio singolo. La sua ‘differentia specifica’ non è affatto, come nel mezzo di lavoro, quella di mediare l’attività dell’operaio nei confronti dell’oggetto; ma l’attività stessa dell’operaio è posta ora in modo che si limita a mediare il lavoro della macchina, l’azione della macchina sulla materia prima; a sorvegliare questa azione e a proteggerla dalle perturbazioni. A differenza dello strumento, che l’operaio anima – come un organo – della sua propria abilità e perizia, e il cui maneggio dipende quindi dalla sua virtuosità. Mentre la macchina, che possiede abilità e forza al posto dell’operaio, è essa stessa il virtuoso, che possiede una propria anima nelle leggi meccaniche in essa operanti e consuma (come l’operaio mezzi alimentari) carbone, olio, ecc. (matières instrumentales) per mantenersi continuamente in movimento. L’attività dell’operaio, ridotta a una semplice astrazione di attività, è determinata e regolata da tutte le parti dal moto del macchinario, e non viceversa. La scienza, che costringe le membra inanimate del macchinario – grazie alla costruzione in cui sono inserite – ad agire funzionalmente come un automa, non esiste nella coscienza dell’operaio, ma agisce – attraverso la macchina – come un potere estraneo su di lui, come il potere della macchina stessa” (pag 289-290) [Karl Marx, ‘Frammento sulle macchine’, ‘Quaderni Rossi’, Sapere edizioni, Milano, n. 4 1963]