“Nell’ idea di Marx, dunque, il credito ha una funzione di indicatore della tendenza della società capitalistica a superare i propri limiti. Esso nel suo “eccesso” mostra sensibilmente le ricchezze inutilizzate in rapporto ad una soprapproduzione che è a sua volta condizionata dai limiti del mercato, rispetto a cui del resto, assume significato l’eccesso. Il fatto che il valore delle merci sia di continuo sacrificato al valore del denaro costituisce il grande spreco della società capitalistica. Si tratta del fatto che, attraverso di esso, si viene delineando la possibilità di una proprietà sociale dei mezzi di produzione. Proprio in tale direzione, Marx coglie in esso un importante elemento teorico in vista del problema della transizione. La società comunistica è, per Marx, quella società in cui il pluslavoro non deve necessariamente apparire nella forma del profitto. Ciò significa che la sua destinazione non dovrà più essere necessariamente o il reddito dei capitalisti o l’allargamento della produzione. I produttori associati potranno decidere della destinazione del plusvalore o nella forma dell’accrescimento del loro reddito, o dello accrescimento della produzione o in quella della riduzione della giornata lavorativa, restando presupposto che la perpetuazione della produzione non ha niente a che fare col plusvalore ma è già compresa nella normale giornata lavorativa” (pag 137-138) [Nicola Badaloni, ‘Per il comunismo. Questioni di teoria’, Torino, 1972]