“L’incompatibilità tra lo scambio come forma sociale generalizzata e il carattere indipendente dei produttori risulta dal fato che la società mercantile semplice, che appunto si fonderebbe su quei due elementi, darebbe luogo a una situazione antitetica: d un lato, gli uomini, essendo produttori indipendenti, avrebbero la ‘proprietà’ delle condizioni oggettive del loro lavoro, cioè, in generale della terra e dei mezzi di produzione; ma, dall’altro lato, data la natura del rapporto di scambio, essi subirebbero già un”espropriazione’, perché non avrebbero il controllo del processo ‘sociale’ di produzione: abbiamo già visto, infatti, che, per Marx, quando il lavoro dei produttori è un lavoro privato, quando perciò i produttori sono associati nell’atto del loro lavoro, la società si costituisce come una realtà esterna, che si contrappone ai produttori e li domina, anziché essere da essi dominata. In altri termini, il rapporto degli uomini col loro lavoro sarebbe un rapporto di proprietà nel momento privato e un rapporto di espropriazione nel momento sociale. Di qui il carattere “fittizio” che Marx attribuisce a una simile ipotetica società. In realtà, secondo la concatenazione logica, alla quale corrisponde del resto una precisa successione storica, l’espropriazione a cui sono soggetti i produttori indipendenti quando essi sono produttori di merci, è destinata, per Marx, a procedere fino in fondo, nel senso che gli uomini, già privati, per il fatto stesso dello scambio, del carattere sociale del lavoro, non possono, alla fine, non essere separati dal lavoro stesso. Questo compimento del processo di espropriazione è rappresentato da Marx mediante lo sviluppo delle determinazioni del denaro (8). Nello scambio semplice il denaro si presenta ancora come un mezzo per l’acquisizione di valori d’uso, e il valore d’uso stesso si presenta come lo scopo. È appunto questa la situazione che Marx rappresenta con la formula M-D-M, merce-denaro-merce: ogni soggetto parte da un valore d’uso, che è quello da lui prodotto, e, attraverso la mediazione del denaro, giunge a un altro valore d’uso, che è quello che ottiene dagli altri nello scambio. In questa situazione il denaro non domina il processo di circolazione, ma compare e scompare in esso; il valore, cioè, quando sta nella determinazione della merce non sta nella determinazione del denaro, e viceversa. Ma il denaro, se è l’elemento connettivo su cui il rapporto sociale si fonda (se “esso stesso è la comunità, e non può sopportarne altra superiore”) (9), è destinato ad abbracciare l’intero processo di circolazione, ossia a mantenersi in esso come l’elemento permanente: la formula precedente si rovescia cioè nell’altra D-M-D, denaro-merce-denaro. In questa formula il denaro, anziché essere l’elemento di mediazione, si pone come il principio e la fine del processo. In tal modo il rapporto tra valore d’uso e valore di scambio è invertito. Nei confronti di tale rapporto, Marx si esprime così: “Le merci debbono realizzarsi come valori prima di potersi realizzare come valori d’uso. D’altra parte le merci debbono dar prova di sé come valori d’uso prima di potersi realizzare come valori. Poiché il lavoro umano speso in esse conta solo in quanto è speso in forma utile per altri”. Ma aggiunge immediatamente: “Ma solo il suo scambio può dimostrare che esso è utile ad altri e quindi se il suo prodotto soddisfa bisogni di altre persone” (10). Ciò significa che nella società basata sul rapporto di scambio non c’è un rapporto paritario tra le due determinazioni della merce, valore d’uso e valore di scambio, e, più precisamente, che è il valore di scambio a dare la sanzione all’intero processo: dal punto di vista della società, insomma, è il valore di scambio che, in forza del suo carattere costituente, subordina a sé il valore d’uso e ne dà la giustificazione” (pag 60-61) [(9) Il capitale, libro primo, cit., cap.. 3 e 4. Ma si vedano anche i Lineamenti fondamentali, cit., vol. I, pp. 157-221; (9) Lineamenti fondamentali, cit., vol. I, p, 183; (10) Il capitale, libro primo, p. 118] [Claudio Napoleoni, ‘Il valore’, Isedi, Milano, 1976]