“Nella battaglia congressuale (al II congresso del partito, il POSDR, a Bruxelles e a Londra, nel 1903, ndr) i «molli» (Martov, Potresov, Axelrod, Trotsky, ecc.) riescono a spuntarla contro i «duri» imponendo la loro formulazione del primo articolo dello statuto del partito che definiva la «qualità di membro» del medesimo estendendolo a tutti coloro che chiedevano di aderirvi, senza limitarla – come voleva Lenin – ai soli rivoluzionari di professione affiliati alle organizzazioni illegali. Lenin, tuttavia, ha la meglio sul terreno, decisivo, dell’elezione delle istanze dirigenti del partito. Martov commette, infatti, un grosso errore. Contrasta vivacemente le richieste di autonomia culturale nazionale del Bund (la potente Confederazione degli operai ebrei di Lituania e Polonia) che mirava a una ricostituzione del partito su basi federali. In questo modo, dimostra una fatale sottovalutazione dell’importanza dell’elemento nazionale nella rivoluzione democratica e sociale dell’età contemporanea, benché proprio lui, nel periodo di Vilna, fosse stato uno degli artefici del Bund. Con l’abbandono del congresso da parte dei delegati di quest’ultimo, la frazione di Martov si ritrova così in minoranza (men’sistvno), mentre i «duri» conquistano una stretta maggioranza (bol’sistvno) nel comitato centrale e nella redazione dell’«Iskra». Da allora in avanti, menscevismo e bolscevismo designeranno i due tronconi in cui si divide la socialdemocrazia russa fino ed oltre la rivoluzione di ottobre, anche se gli equilibri di potere nel partito vedranno spesso in minoranza i bolscevichi” (pag 147) [Mario Baccianini, ‘Menscevismo’ (Enciclopedia), ‘Mondoperaio’, Roma, n. 3, marzo 1979] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:21 Agosto 2020