“Il presupposto capitale che stava dietro la critica della società di massa svolta dagli intellettuali emigrati era una visione del mondo estranea e pressoché ignota agli americani, ossia una teoria marxista rielaborata mediante un ritorno alla sua fonte hegeliana. A cominciare con il libro di Lukács ‘Storia e coscienza di classe’, apparso nel 1923, nell’ambito dell’«antico cuore geografico della tradizione marxista ossia dell’Europa centrale» si era avuta una «reviviscenza dell’idealismo metafisico». La disciplina del partito comunista  aveva poi obbligato Lukács a ripudiare le sue aberrazioni giovanili e proprio per determinate finalità pratiche egli aveva sottoscritto la concezione «ortodossa» del materialismo dialettico, come risultato meccanico di leggi economiche fisse (7). Ma Lukács non poté impedire che i suoi scritti  avessero poi una vita autonoma e, di fatto, l’apprezzamento di ‘Storia e coscienza di classe’ continuò celatamente a crescere. La successiva pubblicazione, nei primi anni trenta, dei ‘Manoscritti economico e filosofici’, nei quali il giovane Marx aveva abbozzato la sua concezione originale della società umana, aveva dato al pensiero di Lukács una ratifica retrospettiva: era ora palese che il critico letterario ungherese, mutatosi in rivoluzionario, aveva indovinato, tramite un processo di ricostruzione consonante, quello che il suo maestro ideologico aveva scritto circa ottanta anni prima (8). Adorno e Horkheimer solo di rado fecero riferimento ai manoscritti parigini di Marx e il loro rapporto con Lukács fu un rapporto di distanza e in buona parte ostile. Essi negarono anche di essere degli idealisti, ma, nonostante le loro smentite, un’analisi più ampia delle loro opere dimostra che anch’essi esemplificarono la reinterpretazione soggettivistica del marxismo, che nei quattro decenni che vanno dal 1920 al 1960 ha poi dato alla teoria marxista una nuova e più robusta posizione filosofica. In tale prospettiva Antonio Gramsci si colloca come un precursore italiano isolato e Maurice Merleau-Ponty come un diffusore francese tardivo e quasi-liberale del neo-marxismo ossia di un marxismo spogliato delle sue pretese scientifiche tardo-ottocentesche e reinserito nel suo supporto hegeliano del primo Ottocento. Per ideologi di questo tipo, il concetto di alienazione fu la chiave per aprirsi la via all’analisi della società, e, anzi, quello di alienazione fu il termine-guida o il denominatore comune a pensatori tra loro quanto mai diversi. (La discussione sul lavoro «alienato» costituiva del resto il cuore dei manoscritti di Marx giovane). Inizialmente usata da Hegel e poi allargata nella sua accezione da Nietzsche e da Freud, la parola «alienazione» venne ad assumere di fatto un significato universale come quella che indicava un fenomeno sommamente caratteristico dell’esistenza attuale” [Henry Stuart Hughes, ‘Da sponda a sponda. L’emigrazione degli intellettuali europei e lo studio della società contemporanea (1930-1965)’, Bologna, 1977] [(7) Si veda la ritrattazione motivata della sua ritrattazione originale contenuta nella prefazione alla nuova edizione del 1967 di ‘Geschichte und Klassenbewusstsein’, trad. it., ‘Storia e coscienza di classe’, Milano, Sugarco, 1967; (8) Su questo argomento si veda  George Lichtheim, ‘From Marx to Hegel’, New York, 1971, pp. 2, 19-21, 38]