“La fortuna di Marx e la compiutezza universalmente riconosciuta dalla sua dottrina hanno offuscato l’opera di chi, già prima o contemporaneamente a lui, aveva dato testimonianza di spunti o intuizioni poi elaborati dal pensatore tedesco. Sicché ogni confronto con Marx risulta perdente in partenza. Nel nostro caso, è indubbio che Pisacane non ha né la cultura storico-filosofica, né la potenza speculativa di Marx, né può usufruire della sollecitazione di una realtà storico-sociale come quella inglese, fortemente industrializzata e perciò stesso gravida di enormi contraddizioni tali da incentivare l’indagine sociale. L’Italia, al contrario, estremamente povera ed arretrata, offre un panorama sociale non dialetticamente stimolante, cui Pisacane non poteva certo supplire con le brevi puntate in Inghilterra ed in Francia, che pure gli fornirono importanti spunti di riflessione. Aggiungasi in Pisacane, la compresenza, accanto alla questione sociale e politica, del vivo desiderio e della attrazione per la questione nazionale, l’urgenza di risolvere la quale lo porta alla teorizzazione del salto storico-dialettico della fase capitalistica in senso marxiano. A parte ciò, è inopportuno guardare alla teoria dell’italiano tenendo di mira quella di Marx ed Engels o viceversa (32)” [Leonardo La Puma, ‘Carlo Pisacane. Dall’illuminismo al socialismo’, Messapica, Lecce, 1976] [(32) [Luciano. Russi, Pisacane e la rivoluzione fallita’, Milano, 1972, p. 109 sgg]