“Lo stato tedesco così creato non era affatto un «puro» esemplare di stato capitalista (non ne esisteva alcun altro al mondo, in quel periodo) (51). Esso era pesantemente segnato dalla natura feudale dello stato prussiano che l’aveva preceduto. In verità, in senso letterale e palese, l’architettura del nuovo stato incarnava lo sviluppo ‘combinato’ che definiva la congiuntura. La costituzione prussiana, infatti, non venne abrogata: dato che la Prussia era divenuta oramai una delle unità federali dell’impero, essa sopravvisse all’interno della costituzione imperiale, completa di sistema elettorale restrittivo basato sui «tre ordini». Gli ufficiali dell’esercito prussiano, che naturalmente formavano il grosso dell’apparato militare imperiale, non dovevano render conto al cancelliere, ma giuravano fedeltà direttamente all’imperatore, che esercitava personalmente il controllo su di loro mediante i militari del suo seguito (52). Nei decenni successivi al ’70, i ranghi superiori della burocrazia imperiale, epurati e riorganizzati da von Puttkamer, divennero più che mai un santuario dell’aristocrazia. Per di più, il cancelliere imperiale non era responsabile di fronte al Reichstag, e poteva contare su entrate permanenti provenienti dalle dogane e dalle imposte di consumo, e sottratte al controllo del parlamento, anche se il Reichstag era tenuto ad approvare il bilancio e a promulgare le leggi. Certi diritti amministrativi e fiscali di minore importanza furono lasciati al controllo delle varie unità federali dell’impero, limitando così sul piano formale l’impianto unitario della costituzione. Queste anomalie diedero un’impronta sconcertante allo stato tedesco della fine del XIX secolo. Il modo stesso con cui Marx caratterizza lo stato bismarckiano rivela un misto d’irritazione e perplessità. In una frase furibonda e famosa, che Rosa Luxemburg amava citare, Marx descrisse questo stato come «nichts anderes als ein mit parlamentärischen Formen verbrämter, mit feudalem Beisatz vermischter, schon von der Bourgeoisie beeinflusster, bürokratisch gezimmrter, polizeilich gehüteter Militärdespotismus» – «nulll’altro che un dispotismo militare abbellito di forme parlamentari, misto di ingredienti feudali, già influenzato dalla borghesia, apparecchiato dalla burocrazia e protetto dalla polizia» (53). L’accumularsi degli epiteti indica una difficoltà concettuale cui l’Autore non fornisce alcuna soluzione. Molto più chiaramente di Marx, Engels comprese che lo stato tedesco, a dispetto delle sue caratteristiche peculiari, aveva ormai raggiunto il rango dei suoi rivali inglese e francese. Della guerra austro-prussiana e del suo artefice, egli scrisse: «Bismarck comprese la guerra civile tedesca del 1866 per quello che era realmente, vale a dire una ‘rivoluzione’… ed era preparato a condurla a termine con mezzi rivoluzionari» (54). Il risultato storico della guerra con l’Austria fu che «proprio le vittorie dell’esercito prussiano scossero la base della struttura dello stato prussiano», cosicché «le fondamenta sociali dell’antico stato conobbero una completa trasformazione» (55). Tracciando un paragone tra le costruzioni statali di Bonaparte e di Bismarck, Engels affermava a tutte lettere che la Costituzione creata dal cancelliere prussiano costituiva «una moderna forma di stato che presupponeva l’abolizione del feudalesimo» (56). Lo stato tedesco, in altre parole, era ormai una struttura capitalista, sovradeterminata dalle sue origini feudali, ma fondamentalmente corrispondente a una formazione sociale che agli inizi del XX secolo risulterà dominata in modo massiccio dal modo di produzione capitalista: ben presto, la Germania imperiale sarà la maggior potenza industriale d’Europa. Dopo molte vicissitudini, l’assolutismo prussiano si era così trasformato in ‘un altro’ tipo di stato. Geograficamente e socialmente, e sul piano sociale in quanto ciò si era verificato sul piano geografico, lo stato prussiano era stato a poco a poco trascinato dall’Oriente all’Occidente. Le ‘condizioni di possibilità’ teoriche di questa «trasmutazione» devono ancora essere stabilite: le prenderemo in esame in altra sede” [Perry Anderson, ‘Lo stato assoluto. Origini e sviluppo delle monarchie assolute europee’, Milano, 2014]  [(51) A.J.P. Taylor rileva che la costituzione della confederazione tedesca del Nord del 1867 – donde derivò la costituzione imperiale – conteneva in realtà il suffragio elettorale più ampio tra i maggiori stati europei, l’unico dotato di un vero e proprio voto segreto – e ciò prima della seconda riforma elettorale in Inghilterra e dell’avvento della Terza repubblica in Francia: A.J.P. Taylor, ‘Bismarck’, London 1955, p. 98; (52) Per una buona analisi della costituzione imperiale tedesca, si veda K. Pinson, ‘Modern Germany. Its History and Civilization’, New York 1966, pp. 156-63; (53) Questa formula è tratta dalla ‘Critica del programma di Gotha’, in K. Marx e F. Engels, ‘Werke’, cit., vol. 19, p. 29; (54) F. Engels, ‘The Role of Force in History’, London, 1968, pp. 64-65; (55) K. Marx e F. Engels, ‘Selected Works’, pp. 246-47; (56) Ivi, p. 247]