“Ciò che distingue Marx e coloro che da Marx discendono, Engels compreso, è la configurazione della dialettica come metodo. Non possiamo, e non intendiamo farlo, citare i numerosi passi che possono dimostrare questa tesi (…). Basterà ricordare il celeberrimo ‘Poscritto’ alla II edizione del I volume del ‘Capitale’ (1873) dove Marx definisce «il mio ‘metodo’ dialettico», distinguendolo da quello hegeliano, che ne è «direttamente l’opposto». Leggiamo questa pagina di Marx e lasciamo da parte ogni commento: «Per Hegel il processo del pensiero, che egli trasforma addirittura in soggetto indipendente col nome di Idea, è il demiurgo del reale, che costituisce a sua volta solo il fenomeno esterno dell’idea o processo del pensiero. Per me, viceversa, l’elemento ideale non è altro che l’elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello degli uomini. Ho criticato il lato mistificatore della dialettica hegeliana quasi trent’anni fa, quando era ancora la moda del giorno. Ma proprio mentre elaboravo il primo volume del ‘Capitale’, i molesti, presuntuosi e mediocri epigoni che ora dominano nella Germania colta si compiacevano di trattare Hegel come ai tempi di Lessing, il bravo Moses Mendelssohn trattava lo Spinoza: come un “cane morto”. Perciò mi sono professato apertamente scolaro di quel grande pensatore, e ho perfino civettato qua e là, nel capitolo della teoria del valore, col modo di esprimersi che gli era peculiare. La mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel non toglie in nessun modo che egli sia stato il primo ad esporre ampiamente e consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa. In lui essa è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico. Nella sua forma mistificata, la dialettica divenne una moda tedesca, perché sembrava trasfigurare lo stato di cose esistente. Nella sua forma razionale, la dialettica è scandalo e orrore per la borghesia e pei suoi corifei dottrinari, perché nella comprensione positiva dello stato di cose esistente include simultaneamente anche la comprensione della negazione di esso, la comprensione del suo necessario tramonto, perché concepisce ogni forma divenuta nel fluire del movimento, quindi anche dal suo lato transeunte, perché nulla la può intimidire ed essa è critica e rivoluzionaria per essenza». Dobbiamo supporre che nel 1873, quanto al metodo, Marx sapesse quello che scriveva. Il metodo è o almeno si annuncia qui sia come quello, diciamo pure, del movimento degli opposti sia come quello della relazione o contrapposizione di elementi che fra loro interagiscono. Non c’è dubbio alcuno che Marx schematizza, cioè presenta concettualmente i risultati delle sue ricerche, e quindi troviamo il riferimento più preciso nello stesso Marx, in quella ‘Prefazione’ all’opera già citata del 1859, dove è configurata la cosiddetta dialettica struttura-sovrastruttura. Leggiamo anche questo testo: «Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Una formazione non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione» (6). Di Engels ricordiamo subito i due grandi testi sulla ‘Dialettica della natura’ e l”Antidühring’ (un capitolo di quest’ultimo è di Marx, e la cosa non va sottovalutata [*]) (7), dove egli si studiò di applicare la metodologia dialettica elaborata da e con Marx alle scienze naturali” [note (6) ‘Per la critica’, cit, pp. 4-6…; (7) Roma, 1974 (…)] [L. Sichirollo, capitolo 8: ‘Marx e Engels. La dialettica realizzata e la fine della dialettica’] [(in) Livio Sichirollo, ‘Dialettica’, Roma, 2003] [[*] “Scrive Engels nella seconda prefazione all’Anti-Dühring (1885): “Noto di passaggio che, poiché la maniera di vedere le cose qui sviluppata per la massima parte è stata fondata e sviluppata da Marx e solo in minima parte da me, si intende che la mia esposizione non poteva aver luogo senza che egli ne fosse a conoscenza. Prima di darlo alle stampe gli lessi tutto il manoscritto, e il decimo capitolo della sezione riguardante l’economia («Dalla “storia critica”» (Seconda sezione, Economia politica, ndr) è scritto da Marx e io ho dovuto solo, per considerazioni estrinseche, con mio rincrescimento, abbreviarlo un poco. Da sempre è stata appunto nostra consuetudine prestarci vicendevolmente aiuto quando si trattava di materie specialistiche” (K. Marx, F. Engels, Opere, Editori Riuniti, Roma, vol. XXV, 1974, a cura di Fausto Codino, pag 7)” (ndr)]
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- Articolo pubblicato:15 Dicembre 2016