“A dire il vero in Marx non troviamo l’espressione «bisogno di comunismo», ma ne troviamo il concetto. Possiamo anche fissare i termini di essa corrispondenti a due livelli della riflessione marxiana, i ‘Manoscritti del ’44’ e i ‘Grundrisse’. Quando vuole esprimere il livello soggettivo della appropriazione comunista Marx parla nel primo caso di «bisogno umano ricco», nel secondo di «individuo sociale»: il nesso e lo scarto tra le due definizioni disegna la parabola teorica di Marx. La critica e il disoccultamento della coscienza ideologica di bisogno è la prima operazione che si colloca all’interno del compito complessivo di una «critica dell’economia politica», quando questo è concepito (a livello dei ‘Manoscritti economico-filosofici’ appunto). Bisogno umano «ricco» è detto da Marx con un duplice obiettivo polemico: l’economia politica borghese, con la sua astratta antitesi di miseria e ricchezza (e l’ideologia dei bisogni, Hegel, che ne è la copertura), ma anche le utopie comuniste premarxiste, con il loro rozzo ideale di società povera e senza bisogni. Quanto al primo punto Marx svolge una critica parallela (che è possibile distinguere solo metodologicamente, se non si vuole reificare il livello ideologico separandolo dalla sua fondazione materiale) al «sistema dei bisogni» di Hegel e alla economia politica classica. Mi sono soffermato in un precedente articolo sul primo aspetto, tentando di indicare ‘dove’ Marx va oltre Hegel e dove al contrario ricade in una ideologia del progresso di segno rovesciato («materialistico») rispetto a Hegel, riproponendo un concetto di lavoro come «condizione naturale eterna» di ogni società, che subordina la liberazione dal bisogno allo sviluppo oggettivo delle forze produttive (6). Quanto al secondo aspetto possiamo dire che la critica dell’economia politica è critica del ‘feticismo’ di questa scienza e della società che la esprime, e che la critica del feticismo è l’ambito comune in cui trovano la loro intima connessione critica della ideologia (teoria dell’ ‘homo oeconomicus’) e critica della economia. La critica del feticismo è condotta nei ‘Manoscritti’ a partire da una teoria della alienazione e dell’autoggettivazione che sembra rimandare a un ambito antropologico di discorso. Ma è possibile staccare il discorso «sull’uomo» di Marx dalla ontologia di stampo feuerbachiano che sta nello sfondo, ricostruendo le operazioni critiche dell’autore con metodo fenomenologico, e «traducendo» il linguaggio speculativo in linguaggio critico. In tal modo l’equazione uomo-operaio si spoglia del pathos umanistico e radicale del giovane Marx per diventare la posizione di un punto di vista scientifico e il luogo di fondazione della critica. Il percorso «fenomenologico» che dalla falsa coscienza di bisogno (‘bisogno di denaro’) porta al bisogno umano ricco (‘bisogno della società’) è parallelo al percorso «strutturale» che dal valore di scambio (apparenza feticistica) ci fa regredire al livello della produzione (fondamento), e in questa scopre un ‘valore d’uso specifico’, da riappropriare alla socialità del lavoro (7). Il bisogno capitalistico, o bisogno-del-prodotto, si trasforma nel ‘telos’ socialista del bisogno-della-produzione, bisogno di una attività sociale consapevole che solo lontanamente può essere paragonata con il ‘lavoro’ quale è stato inteso finora (si vedano le analisi della ‘Ideologia tedesca’ sulla ‘abolizione’ del lavoro e sulla trasformazione socialista del ‘tipo’ di attività). Il valore d’uso del lavoro si costituisce allora su un piano di concretezza diverso rispetto al naturalismo della «utilità»: «(…) al posto della ‘ricchezza’ e della ‘miseria’ [che sono argomento] dell’economia politica sorge l”uomo ricco’, e il bisogno ‘umano ricco’. L’uomo ricco è al contempo l’uomo ‘bisognoso’ di una totalità di manifestazioni di vita umane. L’uomo per cui la sua propria realizzazione è come interna necessità, come ‘bisogno’. Non sola la ‘ricchezza’, anche la ‘povertà’ dell’uomo assume parimenti – nell’ipotesi del socialismo – un significato ‘umano’ e però sociale. Essa è il passivo legame, che fa sentire all’uomo il bisogno della ricchezza più grande, dell’ ‘altro’ uomo. Il dominio dentro di me dell’ente oggettivo, l’erompere sensibile dell’attività del mio essere, è la ‘passione’ che qui diventa perciò l’ ‘azione’ del mio essere. (…) » (8). Quello che preme sottolineare è che tutta questa analisi di Marx è resa possibile ‘dal punto di vista proletario’. Si tratta cioè di una fenomenologia concreta, che non è condotta da un punto di vista «assoluto» o generale, ma determinato e particolare” (pag 6-7) [Amedeo Vigorelli, ‘Bisogno di comunismo e teoria marxista’, Aut Aut, Milano, n. 139, gennaio-febbraio 1974 (pag 3-20)] [(6) Cfr. ‘La nozione di bisogno da Hegel a Marx: fondazione naturalistica e fenomenologia dell’economia’, in “Aut Aut’, 134, 1973; (7) Cfr. le analisi parallele delle «Note a Mill», in particolare il concetto di ‘Gattungstätigkeit’, che rimanda a un piano fungente irriducibile al naturalismo dell’utilità. K. Marx, ‘Scritti inediti di economia politica’, a cura di M. Tronti, Roma, 1963, p. 13 ss.; (8) K. Marx, ‘Opere filosofiche giovanili’, a cura di G. Della Volpe, Roma, Editori Riuniti, 1974, pp. 233-234]