“La questione della possibilità della vittoria del socialismo in un solo paese si pose già a Marx e a Engels quasi contemporaneamente al loro approdo al socialismo. Già nella prima bozza del programma dell’Unione dei comunisti, redatta in forma di catechismo sotto il titolo ‘Principi del comunismo’, Engels scriveva: «Potrà questa rivoluzione [comunista] avvenire soltanto in un singolo paese? No. La grande industria, creando il mercato mondiale, ha già collegato tutti i popoli della terra, e specialmente quelli civili, a tal punto che ogni popolo dipende da quello che accade presso un altro. Inoltre, essa ha livellato lo sviluppo sociale in tutti i paesi civili al punto che in tutti questi paesi borghesia e proletariato sono diventati le due classi decisive della società e la lotta fra queste due classi è diventata la lotta principale dei nostri giorni. La rivoluzione comunista non sarà quindi una rivoluzione soltanto nazionale, sarà una rivoluzione che avverrà ‘contemporaneamente in tutti i paesi civili, cioè per lo meno’ in Inghilterra, America, Francia e Germania» (1). Come si vede, la tesi della rivoluzione comunista contemporanea nei maggiori paesi capitalistici è fondata da Engels non tanto sul pericolo di intervento dei paesi vicini, quanto soprattutto sull’interdipendenza della loro vita economica e sul livellamento del loro sviluppo sociale. Engels ben sapeva che tutti i paesi da lui elencati avevano percorso un cammino differente di sviluppo industriale capitalistico. Ma questa circostanza sarebbe dovuta riflettersi, secondo lui, soltanto nella velocità delle trasformazioni socio-economiche conseguenti alla rivoluzione comunista, che sarebbe iniziata contemporaneamente in questi paesi. Le stesse affermazioni furono ripetute in forma più concisa da Marx e da Engels nel ‘Manifesto del Partito comunista’. L’esperienza di molti fenomeni rivoluzionari nell’Europa occidentale a metà dell’Ottocento, nonché l’ulteriore sviluppo da parte di Marx ed Engels delle loro concezioni economiche, politiche e filosofiche ebbero come conseguenza una serie di modifiche anche nella loro teoria della rivoluzione socialista. Non troveremo più nei loro scritti affermazioni così categoriche sulla «contemporaneità» della rivoluzione comunista europea. Anzi, sia Marx che Engels ora esprimono più volte l’idea che la rivoluzione proletaria può ‘cominciare’ anche entro la cornice nazionale di un singolo paese europeo; ma poi, simile a un incendio, dovrà estendersi agli altri paesi. Inoltre, Marx ed Engels, allargarono gradualmente la cerchia dei paesi che sarebbero potuti diventare, a loro parere, i detonatori della rivoluzione europea. A tale proposito essi menzionarono non solo l’Inghilterra, la Francia, gli Stati Uniti e la Germania, ma anche la Polonia, l’Italia, l’Ungheria e la Spagna. Alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli ’80, Marx ed Engels, che prima vedevano nella Russia la principale forza conservatrice d’Europa, ritenevano che la rivoluzione in Russia sarebbe pure potuta essere la scintilla capace di appiccare l’incendio della rivoluzione europea. Eppure, né Marx né Engels modificarono sostanzialmente il loro concetto basilare di una rivoluzione socialista europea quale azione praticamente contemporanea del proletariato nei principali paesi capitalistici. Poco prima della sua scomparsa, Engels scriveva a Paul Lafargue: «Lo sviluppo industriale della Francia è rimasto inferiore a quello dell’Inghilterra; è inferiore in questo momento a quello della Germania, che ha fatto dei passi da gigante dopo il 1860; al giorno d’oggi, il movimento operaio in Francia non è paragonabile a quello della Germania. Ma né i francesi, né i tedeschi, né gli inglesi avranno da soli la gloria di aver schiacciato il capitalismo; se la Francia – forse – darà il segnale, sarà la Germania, il paese che è stato più profondamente permeato dal socialismo e dove la teoria è più profondamente penetrata nelle masse, che la lotta sarà decisa e, tuttavia, né la Francia né la Germania avranno definitivamente assicurata la vittoria fin tanto che l’Inghilterra resterà nelle mani della borghesia. L’emancipazione proletaria non può essere che un fatto internazionale, se voi cercate di farne un fatto semplicemente francese, la rendete impossibile» (2)” [Roj A. Medvedev, ‘Il socialismo in un solo paese’] [(in) ‘Storia del marxismo’, Volume terzo, ‘Il marxismo nell’età della Terza Internazionale. I Dalla rivoluzione d’Ottobre alla crisi del ’29’; ‘Storia del Marxismo’] [(1) K. Marx e F. Engels, Opere, vol. 6, p. 372; (2) Ibid, vol. 50, p. 102]