“In un certo senso, [Antonio] Labriola ripete per la pedagogia quel che già Herbart aveva detto per la filosofia (e che, come marxista, tradurrà in politica): che «più accessi conducono alla filosofia… ma nessuno di questi accessi è comodo in tal grado da potercisi far portare quasi passivamente, senza alcun proprio movimento. I movimenti richiedono un certo esercizio; l’introduzione alla filosofia ha da far sentire ciò in ogni punto; essa deve porre la riflessione in istato di tensione» (1). E ‘tensione’, a parte l’«insegnamento» della «storia», nella vita, significa questo anzitutto: un «capovolgimento pratico della teorica della conoscenza»; e quello, appunto, che è «insito al materialismo storico» (2). Ed ecco la spiegazione, nei ‘Saggi’, tra Herbart e Marx: «Ogni atto di pensiero è uno sforzo; cioè un lavoro nuovo. A compierlo occorrono innanzi tutto i materiali dell’esperienza depurata, e gl’istrumenti metodici, resi familiari e maneggevoli dal lungo uso (3). Non c’è dubbio, che il lavoro compiuto, ossia il pensiero prodotto agevoli i nuovi sforzi diretti alla produzione di novello pensiero… perché l’energia in noi internamente accumulata penetra e investe il nuovo lavoro, qual ritmo del procedimento, nella qual cosa (ossia nel ritmo) consiste appunto il metodo della memoria, del ragionamento, dell’espressione, della comunicativa, e così via. Ma macchine pensanti non si diventa mai!» (4). «Ecco il processo realistico» (5)” [introduzione di Nicola Siciliani de Cumis] [(in) Antonio Labriola, ‘Scritti pedagogici’, Torino, 1981] [(1) J.F. Herbart, op. cit., p. 34; (2) Labriola, ‘Saggi’, pp. 206 sgg. e passim; (3) Per “esperienza”, “esperimento”, “esperimentazione”, cfr. ‘Saggi, pp. 42 sgg, 109 sgg., 206 sgg, 222 sgg; (4) Ibid., pp. 206-7; (5) Ibid. Per “realismo”, “dottrina realistica”, ecc. cfr. ibid, pp. 80, 207, 230 sgg; 265, 342. Per “processo”, “processo storico”, ecc., cfr, ibid., pp. 16 sgg, 34 sgg, 54 sgg, 108 sgg, 136 sgg, 207 sgg, 222 sgg.]