“Il dialettico Marx sottolinea espressamente che il comunismo non è il fine o il principio della storia. «Il ‘comunismo’ è la struttura necessaria e il principio propulsore del prossimo futuro; ma il comunismo non è come tale la meta dello svolgimento storico, la struttura della società umana» (6). Vi sono anche altri passi analoghi. Qui ricorderò ancora solo l’idea di Marx secondo la quale il comunismo diventerà l”inizio’ della vera storia dell’umanità. Testi come questi vengono citati da chi nega recisamente che Marx abbia mai inteso il comunismo in modo non dialettico (7). Marx invece, non soltanto nelle prime opere ma anche in quelle più tarde, ha descritto a volte il comunismo come una società nella quale tutte le antitesi fondamentali, perfino l’antitesi fra essenza ed esistenza dell’uomo, si sarebbero risolte (*). Non è difficile dimostrarlo: «Il comunismo come soppressione ‘positiva’ della ‘proprietà privata’ intesa come ‘autoestraniazione dell’uomo’, e quindi come reale ‘approvazione’ dell’essenza dell’uomo mediante l’uomo e per l’uomo; perciò come ritorno dell’uomo per sé, dell’uomo come essere sociale, cioè umano, ritorno completo fatto cosciente, maturato entro tutta la ricchezza dello svolgimento storico sino a oggi. Questo comunismo s’identifica, in quanto naturalismo giunto al proprio compimento, con l’umanismo, in quanto umanismo giunto al proprio compimento, col naturalismo; è la ‘vera’ risoluzione dell’antagonismo tra la natura e l’uomo e tra l’uomo e ‘uomo’, la vera risoluzione della contesa tra l’esistenza e l’essenza, tra l’oggettivazione e l’autoaffermazione, tra la libertà e la necessità, tra l’individuo e il genere. E’ la soluzione dell’enigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione» (8). «La soppressione positiva della ‘proprietà privata’, in quanto appropriazione della vita ‘umana’, ‘è dunque’ la soppressione ‘positiva’ di ogni estraniazione, e quindi il ritorno dell’uomo dalla religione, dalla famiglia, dallo stato, ecc., alla sua esistenza ‘umana’, cioè sociale» (9). «La soppressione della proprietà privata rappresenta quindi la completa ‘emancipazione’ di tutti i sensi e di tutti gli attributi umani» (10). «Egli [Stirner] crede che nella società comunista si possa parlare di ‘doveri’ e di ‘interessi’, di due lati complementari di un’opposizione che appartiene puramente alla società borghese…» (11). «Quando vigeranno rapporti ‘umani’, la pena non sarà invece ‘realmente’ altro che il giudizio di chi sbaglia su se stesso. Non si pretenderà di persuadere costui che una ‘violenza esterna’, esercitata da altri su di lui, sia una violenza che egli ha esercitato su se stesso. Egli troverà invece negli ‘altri’ uomini i naturali redentori della pena che egli ha inflitto a se stesso, cioè il rapporto addirittura si rovescerà» (12). A proposito della produzione nel comunismo Marx scrive: «Ciascuno di noi, nella sua produzione, avrebbe ‘doppiamente affermato’ se stesso e l’altro. Io avrei 1) oggettivato nella mia ‘produzione’ la mia ‘individualità’, con le sue particolarità, e così, sia durante il lavoro che di fronte al prodotto di esso avrei goduto dell”espressione vitale’ e della gioia individuale di sapere la mia personalità una potenza ‘oggettiva, sensibilmente evidente sopra ogni dubbio eminente’; 2) nel tuo uso o nel tuo consumo del mio prodotto io avrei goduto sia di aver soddisfatto col mio lavoro un bisogno ‘umano’, sia di aver oggettivato in esso l’essenza stessa dell’uomo per aver procurato il suo oggetto corrispondente al bisogno di un altro essere ‘umano’; 3) sarei stato per te l”intermediario’ tra te e il genere, e dunque sarei conosciuto e sentito da te stesso come un completamento del tuo proprio essere, come una parte necessaria di te stesso, e mi saprei confermato tanto nel tuo pensiero che nel tuo cuore; 4) nella manifestazione della mia vita individuale avrei espresso immediatamente la manifestazione della tua vita, e dunque nella mia attività individuale avrei immediatamente ‘realizzato e sanzionato’ il mio vero essere, la mia ‘umanità’, la mia ‘comunità’» (13). Nel capitolo conclusivo di questo libro si parlerà dell’elemento utopistico nella delineazione che Marx ha fatto della distribuzione dei prodotti sociali nel comunismo. Hanno sapore utopistico anche alcuni dei suoi celebri passaggi sulla personalità totale, la coincidenza della divisione del lavoro con le inclinazioni individuali, il ‘completo’ controllo, nel comunismo, dei processi sociali da parte degli individui riuniti, ecc.. A questa utopia della completa e definitiva soppressione dell’alienazione si unisce l’eccessiva propensione di Marx verso il determinismo (…): il futuro comunista dell’umanità è garantito dalle ‘leggi inesorabili’ dello sviluppo storico” [Svetozar Stojanovic, ‘Gli ideali e la realtà. Critica e futuro del socialismo’, Milano, 1974] [(*) Sono stati in molti a notarlo; (6) K. Marx, ‘Manoscritti economico-filosofici del 1844’, Einaudi, Torino, 1949, p. 135; (7) V. Venable, ‘Human Nature. The Marxian View’, New York, 1946 e M. Fritzhand, ‘Mysl Etyczna Mlodego Marksa’, Varsavia, 1961; (8) K. Marx, ‘Manoscritti…’, cit., pp. 121-122; (9) Ibidem, p. 127; (10) Ibidem, p. 127; (11) Marx Engels, ‘L’ideologia tedesca’, in Marx Engels, ‘Opere complete’, Roma, 1972, vol. V, p. 206; (12) Marx Engels, ‘La sacra famiglia’, in Marx Engels, ‘Opere complete’, cit., vol. IV, p. 200; (13) K. Marx, ‘Appunti su James Mill’, in ‘Scritti inediti di economia politica’, Roma, 1963, p. 26]