“Quella che chiameremo borghesia era, al contrario, un insieme di strati e figure sociali in espansione, attivi nell’accumulare denaro e nel pretendere il diritto di decidere come spenderlo. Si trattava dei grandi commercianti ed armatori, soprattutto londinesi, e dei banchieri, da un lato, e della ‘gentry’, cioè della media e grande borghesia agraria nata dalla dissoluzione dei conventi, spesso di piccola o medio nobiltà, ma con una mentalità borghese e commerciale, dall’altro. «Il grande enigma per il signor Guizot, che egli riesce a spiegarsi solo ricorrendo alla superiore intelligenza degli inglesi, l’enigma del carattere conservatore della rivoluzione inglese è l’alleanza permanente in cui la borghesia si trova con gran parte dei latifondisti, alleanza che differenzia sostanzialmente la rivoluzione inglese da quella francese, la quale con la parcellizzazione ha eliminato il latifondo. Questa classe di latifondisti, sorta del resto già sotto Enrico VIII e legata alla borghesia non si trovava, come la proprietà feudale francese del 1789, in contrasto con le condizioni di vita della borghesia, ma anzi in perfetto accordo con esse. La proprietà fondiaria di costoro in realtà non era di tipo feudale, ma borghese. Da una parte essi misero a disposizione della borghesia industriale la popolazione necessaria per l’esercizio della manifattura e dall’altra seppero conferire all’agricoltura uno sviluppo conforme con la borghesia e l’alleanza con essa» (Marx, ‘Recensioni’, Guizot, 1850). Naturalmente la linea divisoria tra le fazioni che si scontreranno negli anni ’40 non è netta, e non mancheranno transfughi nell’uno e nell’altro campo. Inoltre esisteva anche una divisione geografia, che rendeva più realiste le zone del nord e dell’ovest inglese, mentre il sud e l’est, e gran parte dei porti (tutte le zone commerciali, manifatturiere e minerarie), con Londra, erano prevalentemente parlamentari. Ma al di là degli uomini, gli interessi di classe che si scontravano erano quelli sopra descritti. La truppa, la carne da cannone della rivoluzione, fu principalmente fornita dalle campagne, ove risiedeva ancora la maggioranza della popolazione. Va però notato che tra i parlamentari, e questa fu la grande forza della borghesia, furono numerosi i figli dei piccoli contadini, degli affittuari, degli artigiani, della piccola e piccolissima borghesia che, nata dal crollo del feudalesimo, riteneva di difendere il proprio futuro lottando contro l’aristocrazia. «Eppure fu solo per la partecipazione di questa ‘yeomanry’ e dell’elemento plebeo della città che la lotta venne combattuta fino alla vittoria e Carlo I fatto salire sul patibolo. Affinché potessero venire assicurate almeno quelle conquiste della borghesia che erano mature e pronte ad essere mietute, era necessario che la rivoluzione oltrepassasse di molto il suo scopo – esattamente come in Francia nel 1793 e in Germania nel 1848. Sembra che questa sia in realtà una delle leggi della evoluzione della società borghese (…). La borghesia delle città si lanciò per prima nel movimento, i contadini medi ‘yeomanry’ dei distretti rurali lo fecero trionfare. E’ abbastanza curioso il fatto che in tutte le tre grandi rivoluzioni della borghesia i contadini forniscono l’esercito per la lotta, mentre dopo la vittoria sono proprio la classe che viene immancabilmente rovinata dalle conseguenze economiche della vittoria stessa. Un secolo dopo Cromwell, la ‘yeomanry’ inglese era quasi scomparsa» (Engels, ‘L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza)” [(in) ‘Origini e storia della classe operaia inglese. La rivoluzione borghese’, ‘Comunismo’, Firenze, n. 23 maggio-agosto, 1987]
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- Articolo pubblicato:5 Settembre 2016