“L’affinità dei motivi svolti nel ‘Saggio sulla Rivoluzione’ e già in alcune pagine di ‘Guerra combattuta’ con i temi fondamentali del marxismo è così evidente che ha procurato a Pisacane il nome di materialista storico e la fama di precursore di Sorel. Tali avvicinamenti possono sorprendere chi è rimasto all’immagine leggermente sfocata dell’eroe di Sapri; tuttavia essi trovano una precisa conferma nel linguaggio politico dello scrittore napoletano. L’affermazione così frequente in Pisacane che le idee derivano dai fatti, e non questi da quelle, corrisponde nella sua sommaria enunciazione al cosiddetto «rovesciamento della dialettica hegeliana» operato da Marx. La subordinazione dei fatti di natura politica a quelli di natura economica, che sarà più tardi il cardine del materialismo storico, ritorna con chiarezza in queste pagine (p. 116: «la ragione economica nella società domina la politica»). Perfino alcuni aspetti strettamente economici del processo storico, come la legge del concentramento dei capitali, sono noti a Pisacane; e il gusto delle formule di battaglia («distruzione di chi usurpa») fa pensare alle formule divulgate più tardi dal marxismo («espropriare gli espropriatori»). Queste affinità di linguaggio hanno indotto gli studiosi a domandarsi se Pisacane avesse letto a Londra il ‘Manifesto dei comunisti’. Dai dati che si posseggono non risulta un contatto diretto fra il nostro esule e il gruppo di emigrati internazionali che faceva capo a Marx e a Engels; comunque quello che preme sottolineare qui non è un problema di scuole, ma il singolare interesse che la polemica sociale di Pisacane ha tuttora nei riguardi del movimento rivoluzionario europeo. A quel movimento egli appartiene per l’intensità e il rigore delle sue convinzioni, ancor più che per lo sviluppo del suo pensiero. Pisacane non fu un grande teorico. I principi che sopra si sono citati e che attraverso il diffondersi del marxismo dovevano diventare la più forte leva rivoluzionaria d’Europa sarebbero rimasti nelle sue opere a uno stadio letterario e probabilmente infecondo. Nelle pagine dei ‘Saggi’ si trovano mescolate a intuizioni felici vecchie e screditate dottrine; e bisogna riconoscere che, se egli aveva raccolto la tradizione del pensiero politico italiano del Settecento, ne aveva anche avuto in eredità costruzioni artificiose e caduche, ora tanto più vuote dopo un secolo di vita” [Giaime Pintor, ‘Il sangue d’Europa (1939-1943)’, Torino, 1950, scritti raccolti a cura di Valentino Gerratana]
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- Articolo pubblicato:28 Giugno 2016