“La partecipazione dei sindacati a livello locale era un principio indiscutibile, sebbene, come abbiamo già osservato, Lenin avesse ribadito la necessità di una linea di responsabilità e autorità che in definitiva favoriva il potere dei dirigenti. Il predominio del partito nei sindacati divenne questione politica di grande importanza pratica, in una situazione in cui la durezza delle avversità favoriva la ripresa dell’influenza sugli operai di anarchici, menscevichi e socialisti-rivoluzionari, cui fino al 1921 furono concessi limitati diritti legali; effettivamente alcuni sindacati (ferrovieri, tipografi, ecc.) erano in mani antibolsceviche e dovettero essere «conquistati» con misure di carattere poliziesco. Lenin si rendeva perfettamente conto dei limiti della presa del suo partito sugli operai. Dichiarò ad esempio: “Con la parola d’ordine «più fiducia nelle forze della classe operaia», in realtà, oggi si lavora per rafforzare le influenze mensceviche e anarchiche: nella primavera 1921, Kronstadt l’ha mostrato e dimostrato con grande evidenza» (10). L’idea leninista dei sindacati come cinghia di trasmissione tra partito e masse implicava la subordinazione dei sindacati al partito e ai suoi obiettivi. Lenin però non giunse agli estremi di Trotsky, che nel 1920 era arrivato a chiedere la militarizzazione dei sindacati e l’organizzazione del lavoro in eserciti con disciplina paramilitare. Tuttavia la posizione di Trotsky non si distingueva da quella di Lenin quanto potrebbe sembrare a prima vista, e ottenne l’appoggio di Bucharin, che nel 1918 aveva attaccato Lenin da «sinistra». Alla fine della guerra civile la situazione era disperata, e la mobilitazione della forza-lavoro per la ricostruzione era stata approvata anche da Lenin. Trotsky e Bucharin, però, si spinsero più oltre, elaborando una teoria del lavoro forzato per l’intero periodo di transizione. Bucharin dichiarò esplicitamente che gli obiettivi generali del proletariato, individuati dal partito, dovevano essere imposti al proletariato stesso, e Trotsky sostenne che gli operai che rifiutavano di andare a lavorare dove era stato loro ordinato dovevano essere trattati come disertori dell’esercito (11). Le implicazioni erano evidenti: sino al momento in cui la classe operaia non fosse giunta a un alto livello di coscienza che l’avrebbe spinta a fare volontariamente ciò che era necessario, occorreva costringerla attraverso la dittatura del proletariato. Lo storico economico ungherese Szamuely ha collegato questa idea con il rifiuto di attribuire importanza agli incentivi materiali: è evidente che se non è possibile indurre la gente a fare quanto necessario con la persuasione materiale o morale, l’unica alternativa è la forza. La situazione reale del 1920-21 era, come ben si sa, di fame e miseria, e retrospettivamente possiamo affermare che Trotsky e Bucharin fecero di necessità virtù teorica. La loro concezione avrebbe inserito i sindacati nell’apparato coercitivo, e i dirigenti del sindacato avrebbero avuto, per così dire, la funzione di ufficiali e sergenti dell’esercito del lavoro. (Possiamo solo ricordare che l’idea di esercito del lavoro si ritrova anche in talune dichiarazioni di Marx) (12). In linea di principio Lenin era contrario a queste indicazioni. Era sempre più allarmato per la burocratizzazione crescente e per i travisamenti degli obiettivi rivoluzionari. Occorreva proteggere gli operai dalle conseguenze di questo stato di cose, e tale era il compito vitale dei sindacati. Ma questo principio, indubbiamente corretto, cozzava con quello del controllo di partito sulla manifestazioni di potere sindacale indipendente, in un momento di sempre maggiore burocratizzazione del partito stesso. Un quarto aspetto del periodo, e forse il più importante, riguardava i contadini” [Alec Nove, Economia sovietica e marxismo: quale modello socialista?, Torino, 1980] [(in) ‘Storia del marxismo’, Volume terzo, ‘Il marxismo nell’età della Terza Internazionale] [(10) V.I. Lenin, ‘Tempi nuovi, errori vecchi in forma nuova’, in Id., Opere, vol. 33, pp. 14-15; (11) Cfr. il discorso di Trotsky al IX Congresso del partito, e N.I. Bucharin, ‘Economia del periodo di transizione’, Milano, 1971; (12) Cfr., ad esempio, il ‘Manifesto del Partito comunista’] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
- Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni
- Articolo pubblicato:15 Maggio 2016