“Lenin ne ‘L’imperialismo’ prende il confronto sul petrolio ad esempio della dialettica di spartizione e concorrenza tra le massime concentrazioni industriali e finanziarie, dove una divisione acquista dei mercati “non esclude che possa avvenire una ‘nuova spartizione’, non appena sia mutato il rapporto delle forze in corrispondenza dell’ineguale sviluppo, per effetto di guerre, di crac, eccetera”. In base alle fonti a disposizione, Lenin descrive la spartizione tra due grandi gruppi finanziari, “la Standard Oil Company americana, di Rockefeller, e i padroni del petrolio russo d Baku, Rothschild e Nobel”. Quell’assetto era minacciato però da nuove tendenze e nuovi concorrenti: ” 1) l’esaurimento delle sorgenti petrolifere d’America; 2) la concorrenza della ditta Mantascev e Co, di Baku; 3) le sorgenti di petrolio in Austria; 4) in Romania; 5) le sorgenti petrolifere transoceaniche, specialmente nelle colonie olandesi (le ricchissime ditte Samuel e Shell, legate anche al capitale inglese). Questi tre ultimi gruppi di imprese sono legati alle banche tedesche, con alla testa la più grande, la Deutsche Bank”. Nel duro confronto che la stampa dell’epoca descrive come lotta per la “spartizione del mondo”, la Standard Oil cerca di piegare il trust anglo-olandese Shell, mentre la Deutsche Bank prima si scontra, poi arriva a un accordo con gli americani e infine tenta di forzare quelle stesse intese premendo per il monopolio statale del petrolio, attaccata però dalla banca concorrente Disconto Gesellschaft. E’ il governo tedesco ad abbandonare nel 1913 l’ipotesi del monopolio, nel timore che senza i Rockefeller la Germania si trovasse tagliata fuori dalle linee di rifornimento. Ricaviamo da quella battaglia d’esordio della lunga guerra energetica presa ad esempio da Lenin alcuni vitali strumenti d’analisi: spartizione e ‘nuova spartizione’ s’intrecciano con l’ineguale sviluppo economico e politico; il campo di battaglia è il mercato mondiale; la guerra economica s’intreccia e si alterna con la guerra militare. Infine il nesso tra grandi gruppi e governi è fatto d’influenza reciproca ed è la risultante dello scontro e della composizione di una pluralità di spinte: nella “commedia del petrolio” del 1913 il governo non segue la Deutsche Bank, sia in conseguenza dello scontro con la Disconto, sia perché al momento ciò che prevale non è l’interesse particolare della nascente industria petrolifera tedesca, ma la propensione generale a veder assicurato il petrolio della Standard Oil di Rockefeller, ancorché americana. Il quindicennio tra la Prima guerra mondiale imperialistica (1914-1918) e la conclusione della “nuova spartizione” con la divisione delle spoglie petrolifere dell’Impero ottomano (1928), è un saggio grandioso di queste e delle altre leggi di movimento popolarizzate ne ‘L’imperialismo’. Ma è anche una conferma di quanto il tortuoso metabolismo che porta la lotta economica a riflettersi nella bilancia di potenza non vada ridotto a meccanico determinismo. Pochi mesi prima dello scoppio della guerra, ricostruisce Daniel Yergin in ‘The Prize’, l’accordo raggiunto dalla Turkish Petroleum Company, il consorzio che i diritti di esplorazione nell’area del Golfo, è nell’essenza un cartello anglo-tedesco. Qui il tentativo di spartizione precede la guerra: la britannica Anglo-Persian – futura British Petroleum – ha il 50%, la Shell il 25% e la Deutsche Bank l’altro 25 per cento. In stretto parallelismo, ricostruisce Lothar Gall in ‘The Deutsche Bank’, un accordo tra Londra e Berlino estende il progetto per la ferrovia Berlino-Baghdad sino a Bassora, con la nuova tratta finanziata e costruita da gruppi britannici. La guerra porta al fallimento l’ipotesi di spartizione tra Gran Bretagna e Germania, ma apre la strada a nuove combinazioni. Nel 1920, con il Compromesso di San Remo, Parigi rileva come riparazione di guerra la partecipazione tedesca nel consorzio (…)” [Guido La Barbera, ‘L’Europa e la guerra’, Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2007] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]