“Le conclusioni implicite di questi signori [i Barrat-Brown, i Mattick, ecc., ndr] sono che esistono paesi capitalisticamente maturi che sono «neocolonialisti» ed altri no, conclusioni tirate dall’ineffabile «teorico» del PCI Luigi Longo quando scrisse che il monopolio è solo una sovrastruttura del capitalismo. Niente di diverso fanno i teorici del colonialismo che estendere in campo internazionale le esperienze italiane del PCI. Niente di diverso aveva già fatto il Kautsky demolito in tutta l’opera di Lenin sull’imperialismo. Quando Kautsky ed Hilferding dicevano che l’imperialismo è una politica, cioè una sovrastruttura negavano ch’esso potesse essere una fase storica ed oggettiva dello sviluppo capitalistico. Sostenevano, infatti, che siccome l’imperialismo è un atto politico, una scelta, un atto volontario di certi gruppi capitalistici, la classe operaia deve e può impedire questa scelta. Sostanzialmente i sostenitori della teoria del «neocolonialismo» dicono, in modo peggiore, le stesse cose e non a caso nelle «potenze neocolonialiste» non includono né l’URSS né le potenze imperialistiche che a loro fa comodo mettere in disparte. Non solo: arrivano persino a negare la natura capitalistica di un paese che, invece, la sta sviluppando. Difatti, una delle tesi dei teorici del «neocolonialismo», tesi presa di peso dalle teorie populistiche, è che il commercio estero di tipo «neocolonialistico» impedisce lo sviluppo economico del paese «arretrato». Ora, per il marxismo la natura sociale di un paese non è determinata dal grado di sviluppo economico in assoluto, ma dai rapporti di produzione predominanti nella struttura di quel paese. In altri termini, la natura capitalistica dell’economia indonesiana non è determinata da un saggio più o meno alto di accumulazione di capitale, ma dalla presenza di un processo di accumulazione. Il tasso di accumulazione indonesiana riguarda essenzialmente il ritmo dello sviluppo capitalistico in Indonesia. Questo ritmo è stato ed è oscillante, ma soprattutto ciclico e soggetto, come in tutti i paesi, a crisi sulle quali il mercato mondiale ha certamente influenza, ma delle quali è soprattutto determinante lo squilibrio provocato dallo sviluppo del mercato interno. In nessun caso, e tanto meno in Indonesia, il commercio estero ha impedito ed impedisce che lo sviluppo dei rapporti mercantili provochi una accumulazione di capitali e formi una borghesia ed una economia capitalistica. Il commercio estero influisce sul ritmo di sviluppo di questa formazione, e può influire, mai però in modo determinante, sia fermandolo, ma anche accelerandolo. In una serie di cicli, l’ingresso dell’imperialismo nei rapporti mercantili precapitalistici dell’Indonesia ha rappresentato quella «diffusione del capitalismo» di cui parlano Marx e Lenin” [Arrigo Cervetto, ‘La controrivoluzione indonesiana’, Edizioni Lotta Comunista, Roma, 1969] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]