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“Nel caso di Engels, l’occasione del confronto è, proprio negli anni del soggiorno inglese, la pubblicazione di ‘Past and Present’ (1843), e, al suo seguito, solo al suo seguito, la rilettura del più noto saggio carlyliano sul cartismo, destinato a divenire fonte primaria di analisi e di testimonianza nell’indagine sulla condizione operaia. Sono numerose le tracce della presenza di Carlyle nell’opera del giovane Engels, tracce spesso di facile identificazione anche là dove a Carlyle non si fa cenno, ma di Carlyle vengono “rubati” argomenti ed immagini utili a interpretare la parte di una critica umanistica alle ragioni e alle categorie stesse dell’economia politica: proprio Carlyle, la sua applicazione del mito di Mida all’Inghilterra, a esempio, dietro la polemica engelsiana contro l’espressione “ricchezza nazionale” celebrata dagli economisti liberali. “La “ricchezza nazionale” degli inglesi è molto grande, eppure essi sono il più povero dei popoli sotto il sole” (F. Engels, Lineamenti di una critica dell’ecoomia politica, p. 458). Per la stessa via ma ben oltre quelle tracce, si dipana il percorso della lunga nota critica  che Engels dedica all’analisi specifica di ‘Past and Present’; più che le citazioni e le comparazioni, peraltro degno qui di memoria l”incipit’ del saggio engelsiano. “Di tutti i grossi libri e gli opuscoli sottili che l’anno scorso sono apparsi in Inghilterra per allietare o per edificare il “mondo colto”, l’opera sopra menzionata è l’unica che meriti di essere letta” (F. Engels, La situazione dell’Inghilterra. “Past and Present” by Thomas Carlyle, London, 1843, cit p. 482). Ed è degna la memoria di questo ‘incipit’, nella misura in cui proprio il confronto con il “mondo colto” dell’isola è conferma della logica che ispira la riflessione di Engels, proprio esso a fare la differenza, tanto in positivo quanto in negativo, del giudizio su Carlyle. In positivo, perché Carlyle è il solo che si elevi al di sopra di quel mondo, della sua ipocrisia e delle sue menzogne, il solo capace di rappresentare “relazioni umane” e sviluppare “una traccia di concezione umana”, insomma “il solo della classe “rispettabile”, [che] ha tenuto gli occhi aperti almeno sui fatti, ha compreso correttamente almeno l’immediato presente, e questo per un inglese “colto” è davvero straordinario” (ibid.). In negativo, perché dal contesto di cultura di quel “mondo colto” nemmeno Carlyle ha potuto emanciparsi del tutto, proprio questo residuo vincolo culturale che impedisce alla pur lucida critica carlyliana dell’individualismo, del commercialismo, del mammonismo e d un’altra infinità di cattivi “ismi” di approdare alla teoria della democrazia e del socialismo, invece di vagheggiare un futuro costruito a misura del passato, di nuovi eroi capaci di restituire agli uomini l’anima, e con essa il culto dei valori, che gli uomini, la moltitudine avrebbero perso. “Se egli avesse compreso in tutta la sua infinità l’uomo in quanto uomo, non gli sarebbe mai venuto in mente di dividere l’umanità ancora una volta in due gruppi: pecore e montoni, governanti e governati, aristocratici e canaglia, signori e balordi; non avrebbe visto la giusta destinazione sociale del talento nel governo coercitivo, ma nell’arte di stimolare  e precorrere” (F. Engels, La situazione dell’Inghilterra. “Past and Present” by Thomas Carlyle, London, 1843)” [Claudio Palazzolo, Tra Inghilterra e Italia. Incroci di storia del pensiero politico contemporaneo, 2009]