“Il primo punto – addirittura ovvio per dei marxisti – è che la religione è un fenomeno storico e sociale: il marxismo non conosce altra realtà (anche la natura interessa il marxismo in quanto oggetto della prassi). «’L’uomo fa la religione’ e non la religione l’uomo (…). Ma ‘l’uomo’ non è un essere astratto, isolato dal mondo. L’uomo è il ‘mondo dell’uomo’, lo Stato, la società» (1). «Feuerbach non vede dunque  che il “sentimento religioso” è esso stesso un prodotto sociale e che l’individuo astratto, ch’egli analizza, appartiene ad una forma sociale determinata» (2). Come nasce storicamente questa religione? Come si produce questo fenomeno sociale? Anche qui la risposta di Marx è nota. La religione è il frutto delle contraddizioni  terrene. L’uomo non è in grado di risolvere queste contraddizioni, dissocia la realtà umana e proietta fuori del mondo un momento di questa realtà: «che il fondamento mondano si distacchi da se stesso e si costruisca nelle nuvole come un regno fisse ed indipendente, è da spiegarsi con l’auto-contraddittorietà di questo fondamento mondano» (3). Non si tratta quindi, come predicava l’anticlericalismo volgare, di impostura, ma di un fenomeno che una sua radice nella realtà, nelle contraddizioni non risolte della realtà. E questo significa anche che non avrebbe senso per un marxista pretendere di fare sparire la religione combattendola sul terreno razionale e, tanto meno, combattendola con la violenza e con la repressione. Da un punto di vista marxista si può pensare ad una scomparsa del fenomeno religioso solo dopo che saranno eliminate le cause che hanno generato il fenomeni; cioè le contraddizioni cui abbiamo fatto riferimento (4)” (pag 6-7) [Lelio Basso,  Marxismo e religione (Impegno cristiano e scelta rivoluzionaria), Problemi del Socialismo, Roma, 1972] [(1) ‘Introduzione a ‘Per la critica della filosofia del diritto di Hegel’, in ‘Opere scelte’, Editori Riuniti, Roma, 1966, p. 57; (2) ‘Tesi su Feuerbach’, in ‘Opere scelte’, cit., p: 190; (3) Ibidem, pp: 188-189; (4) «Il ‘riflesso religioso’ del mondo reale può scomparire, in genere, soltanto quando i rapporti della vita pratica quotidiana presentano agli uomini giorno per giorno relazioni chiaramente razionali fra di loro e fra loro e la natura. La figura del processo vitale sociale, cioè del processo materiale di produzione, si toglie dal suo mistico velo di nebbie soltanto quando sta, come prodotto di uomini liberamente uniti in società, sotto il loro controllo cosciente e condotto secondo un piano. Tuttavia, affinché ciò avvenga, si richiede un fondamento materiale della società, ossia una serie di condizioni materiali di esistenza che a lor volta sono il prodotto naturale originario della storia di uno svolgimento lungo e tormentoso» (K. Marx, Il Capitale, I, Editori Riuniti, Roma, 1964, pp. 111-112). «E quando questa azione sarà compiuta, quando la società, mediante la presa di possesso e l’uso pianificato di tutti i mezzi di produzione, avrà liberato se stessa e tutti i suoi membri dall’asservimento in cui essi sono mantenuti al presente da questi mezzi di produzione prodotti da loro stessi, ma che si ergono di fronte a loro come una prepotente forza estranea, quando dunque l’uomo non più semplicemente proporrà, ma anche disporrà, allora soltanto sparirà l’ultima forza estranea che oggi ha ancora il suo riflesso religioso nella religione e conseguentemente sparirà anche lo stesso riflesso religioso, per la semplice ragione che non ci sarà più niente da rispecchiare» (F. Engels, ‘Antidühring’, Roma, 1968, p. 337). Perciò Engels condanna l’atteggiamento dei blanquisti che vogliono «abrogare dio, come nel 1793, per mezzo di un decreto» e «tramutare la gente ‘par ordre du moufti’ in atei», senza rendersi conto «che si può comandare molto sulla carta, senza che all’ordine segua l’esecuzione e in secondo luogo che le persecuzioni sono il miglior mezzo per favorire le convinzioni invise!» (‘Programma dei blanquisti profughi della Comune’, in Marx-Engels-Lassalle, ‘Opere’, IV, ‘Cose Internazionali estratte dal Volkstaat’, Milano; 1914, p. 37). Il fatto che la religione non possa essere eliminata con la violenza, ma che possa scomparire soltanto con la scomparsa delle condizioni storico-sociali che l’han generata, non significa peraltro che la scomparsa di queste condizioni porti immediatamente anche alla scomparsa della religione come Marx sembrava ritenere quando scriveva ‘Sulla questione ebraica’ («Affermiamo che essi sopprimeranno la loro limitatezza religiosa non appena avranno soppresso i loro limiti terreni» (‘Opere’, cit., p. 81), perché il rapporto fra struttura e sovrastruttura non è mai meccanico e le sovrastrutture acquistano un grado di vitalità autonoma che ne permette la sopravvivenza al di là delle cause che le han generate”]