• Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni

“Si veda il passo in cui Weber, analizzando il confucianesimo e il taoismo, è colpito dal loro fondamentale anti-individualismo e osserva come “né qui né in Egitto o Mesopotamia, la tecnica militare cavalleresca abbia mai portato ad una compagine sociale così individualistica come nell’Ellade “omerica” e nel “medioevo”. Il fattore esplicativo di questo anti-individualismo, o mancato individualismo, non è ricercato né nell’etica né nella psicologia né nel sistema socio-politico. Scatta invece la interconnessione con un dato di natura geografica e tecnologica insieme: l’inevitabile dipendenza di tutta la popolazione dalla regolazione dei corsi d’acqua e quindi la subordinazione totale al governo personale burocratico del principe “hanno agito da contrappeso”. Vi è qui ‘in nuce’ tutta la “teoria idraulica del dispotismo orientale” di Karl Wittfogel, ma le osservazioni weberiane richiamano anche l’articolo pubblicato da Marx nella ‘Herald Tribune’ di New York a proposito degli effetti razionalizzanti e anti-tradizionalistici che la ferrovia costruita in India dagli Inglesi avrebbe avuto su un sistema sociale statico e tecnicamente arcaico. Vi è di più: la struttura del ragionamento weberiano non è dissimile da quella del ragionamento di Marx là dove, nel libro primo del ‘Capitale’, in quei mirabili capitoli dedicati all’avvento della grande industria meccanizzata e alla giornata lavorativa, così ricchi di particolari tecnici e così accurati nella descrizione del processo produttivo da far sospettare il contributo diretto di Friedrich Engels e le risorse della sua esperienza personale di direttore generale della produzione nello stabilimento tessile paterno a Manchester, Marx ricostruisce magistralmente la matrice contestuale e le condizioni della disgregazione della famiglia operaia attraverso una serie di interconnessioni che partono da una innocente innovazione tecnica, dalla incorporazione dell’utensile nella macchina: questa innovazione tecnica, all’apparenza neutra, ha in realtà un duplice ordine di conseguenze. Da un lato, specializza la macchina mentre dequalifica l’operaio. Il vecchio artigiano d’un tempo, divenuto operaio avendo perso la proprietà, cioè il controllo legale, dei suoi mezzi di produzione, ora perde anche il controllo della erogazione della sua forza nervosa e muscolare e il suo senso di responsabilità diretta sul lavoro, in quanto non dipende più da lui decidere l’inclinazione dell’utensile nell’incisione della materia prima, e quindi la velocità di taglio della macchina, e quindi i tempi di produzione.  Dall’altro lato, l’incorporazione dell’utensile nella macchina rende possibile l’assunzione in pianta stabile di manodopera femminile, meno qualificata – ma la qualifica non è più un requisito essenziale ora che la macchina è stata “promossa” – e più docile; le donne abbandonano dunque casa e figli e sostituiscono i loro uomini nel posto di lavoro; questi si trovano a spasso e si danno all’alcolismo. Con una caratteristica assenza di sentimentalismo proletario, Marx osserva che gli operai, in concomitanza con quell’innovazione tecnica, si vedono la famiglia disgregata, cominciano a darsi al bere, vendono sul mercato del lavoro capitalistico, formalmente libero, moglie e figli; divengono, conclude Marx, i “neo-mercanti di schiavi”. Non dovrebbe eccessivamente meravigliare che questa straordinaria capacità di cogliere le interconnessioni significative consenta a Marx, ma anche a Weber, previsioni fulminee che hanno per noi, retrospettivamente, un valore pressoché profetico” [Franco Ferrarotti, Max Weber. Fra nazionalismo e democrazia, 1998]