“Agli occhi del Congresso socialista belga del maggio 1880, era dunque naturale che alle prossime assiste internazionali si dovessero chiamare ormai i soli partiti e gruppi che accettavano le esigenze dell’azione politica. Con un ritardo di 10 anni, le idee di Marx venivano così rivalutate dalla pressione delle circostanze. A Bruxelles si propose che il Congresso Internazionale socialista avesse luogo in Svizzera. Il Congresso della socialdemocrazia tedesca (tenutosi clandestinamente, nel castello di Wyden, nell’agosto 1880) accettò l’invito. Per l’ufficio federale di Gand, Anseele lanciò perciò il manifesto di convocazione e indicò successivamente la data e il luogo: Zurigo, il 2 settembre 1881 (56). L’o.d.g. veniva precisato in una serie di quesiti, di cui i principali riguardavano la situazione dei partiti socialisti e degli aggruppamenti operai nei diversi paesi; le idee che vi prevalevano e le induzioni che se ne potevano trarre “per l’avvenire del movimento socialista, specie nell’ipotesi di una rivoluzione generale”; le condizioni politiche ed economiche del proletariato in ogni paese; la possibilità o meno di una federazione delle forze socialiste; l’elaborazione di un programma comune; la creazione di uffici di soccorso per gli operai privati del lavoro e per i socialisti perseguitati; la determinazione delle leggi che si sarebbero dovute abrogare e di quelle da introdurre, per rendere possibile l’attuazione del socialismo, nel caso che i socialisti fossero giunti, in qualsiasi modo, al potere (57). Il più rappresentativo socialista olandese, F. Domela Nieuwenhuis, che aveva lasciato da poco la cattedra di pastore protestante, per dedicarsi anima e corpo alla propaganda fra le masse e che era in corrispondenza con l’autore del ‘Capitale’ (di cui preparava un compendio, che ebbe difatti molto successo), volle interpellare Marx sui quesiti suesposti, e in particolare sull’ultimo di essi. Con la solita sua franchezza, Marx gli rispose di temere che il Congresso sarebbe risultato inutile o anche nocivo, non essendo ancora per nulla matura la ricostituzione dell’Internazionale, sicché i Congressi operai e socialisti, in quanto non si riferissero alle condizioni reali date di questo o quel paese, rischiavano di divagare in banalità generiche. Quanto ai problemi della rivoluzione proletaria, Marx raccomandava di non escogitare anticipazioni astratte del piano d’azione avvenire, il che avrebbe soltanto distolto le menti dalle lotte reali del presente, e di non lasciarsi neppure ipnotizzare dalle reminiscenze del passato, della Comune per esempio, cui le circostanze non avevano consentito di essere veramente socialista e a proposito della quale si poteva dire, se mai, che le mancò il sano realismo occorrente per usare dell’oro della Banca di Francia come mezzo di negoziati. Quando le condizioni di un dato paese fossero state sì avanzate da render possibile una rivoluzione veramente proletaria, si poteva supporre – concludeva Marx – che essa avrebbe anche trovato il suo, certo non idilliaco, ‘modus operandi’. In ogni caso, la rivoluzione socialista avrebbe dovuto incutere anzi tutto tanto spavento alla borghesia, da guadagnare il tempo sufficiente per una chiara valutazione dei dati reali della questione (58). Così, per la penna di Marx, si chiariva in modo inequivocabile che l’accoglimento della sua vecchia rivendicazione della politicità della lotta proletaria per il socialismo, non avrebbe potuto significare tuttavia il ritorno al programma comune e alla politica comune che egli aveva cercato a suo tempo di imprimere alla Prima Internazionale, pur tenendo sin d’allora nel massimo conto i problemi specifici reali di ogni singolo movimento operaio. La Seconda Internazionale sarebbe sorta, quando le circostanze l’avessero consentito e sollecitato, sulla base del riconoscimento preliminare della diversità dei programmi concreti e delle tattiche, corrispondenti alla diversità delle condizioni specifiche dei vari paesi. I partiti socialisti che l’avrebbero formata, in comune avrebbero avuto invece la loro natura di classe, proletaria, l’obbiettivo finale del socialismo, il senso di solidarietà internazionalista che intanto ne derivava, e spesso, se anche non sempre, il realismo politico di cui Marx poteva davvero dirsi, in quella sede, il precursore” [Leo Valiani, ‘Dalla prima alla seconda Internazionale’] [(in) Movimento Operaio’ n. 4, luglio-agosto 1953] [(56) Cfr. Il manitesto nel 1° n. (21.1.80) della nuova serie dell’Egalité’ e nel ‘Prolétaire’ del 27.9.1879; (57) Cfr. il testo nel ‘Révolté’ (Ginevra) del 18.3.1881 e in Brügel, op. cit., t. 3°, pp. 169 sgg; (58) Cfr. la lettera di Marx (del 27.2.1881), con l’introduzione di B. Nikolaevksi, nella ‘Gesellschaft, 1931, (2). pp. 40 sgg. La lettera stessa anche in Marx-Engels, ‘Ausgewählte Briefe’, Zurigo, 1934, pp. 317 sgg.]