“L’ultimo capitolo del libro, ‘Cristianesimo e socialdemocrazia’, in cui Kautsky affronta il parallelo tra comunismo cristiano e comunismo moderno e, sottolineando i contrasti, dimostra la necessità storica della attuazione della società comunista nell’epoca moderna, si apre con il passo finale della già citata ‘Introduzione’ di Engels alle ‘Lotte di classe in Francia’. Come è noto, questo scritto di Engels è stato l’occasione per l’inizio di quella polemica nel corso della quale si definirono le posizioni dei cosiddetti revisori del marxismo. Un anno dopo la pubblicazione del “testamento politico” di Engels, Bernstein comincia a pubblicare quella serie di articoli sui ‘Problemi del socialismo’ che suscitò critiche e accuse di apostasia dal marxismo dalle quali si difese con la memoria indirizzata al Congresso socialista di Stoccarda del 1898. Del 1899 è la pubblicazione de ‘I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia’ (38). Kautsky, che aveva replicato a Bernstein nello stesso anno, riprende ora, quasi dieci anni dopo, la polemica, partendo dal testo di Engels che ne era stato l’occasione immediata. Nella parte finale dell”Introduzione’, citata da Kautsky, Engels mette a confronto l’avanzata del movimento socialista con l’irresistibile avanzata, 1600 anni prima, del cristianesimo, conclusasi con la sua proclamazione a religione di Stato. Queste righe non esprimono altro, afferma Kautsky, che il vigoroso ottimismo che animò Engels sino alla fine. Ma si è voluto interpretarle altrimenti, assimilandole alle posizioni di chi sostiene che il partito debba seguire la via legale come quella che garantisce i migliori successi. Engels, secondo questi interpreti, avrebbe rinnegato il punto di vista rivoluzionario da lui sostenuto per tutta la vita, arrivando alla conclusione che il pensiero di Marx, che la violenza è la levatrice di ogni nuova società, non è più sostenibile. Questa interpretazione – afferma Kautsky – sottolinea unilateralmente, nel parallelo engelsiano tra cristianesimo e socialdemocrazia, la accettazione volontaria del cristianesimo da parte del potere statale, il suo riconoscimento senza abbattimento violento dello Stato, in maniera assolutamente pacifica, la vittoria ottenuta con la compiacenza del governo. Anche la Socialdemocrazia, si sostiene, deve e può vincere così. Ora, continua Kautsky, se questo fosse stato veramente il pensiero di Engels, egli non avrebbe potuto dir niente di peggio sulla Socialdemocrazia. Col cristianesimo non fu il proletariato ad arrivare alla vittoria, ma la sua organizzazione burocratica, che lo sfruttava e lo dominava, la Chiesa, il clero. Questa organizzazione vinse nel momento in cui rinunciò ai suoi scopi originari e ne sostenne altri a questi opposti. Se la vittoria della Socialdemocrazia dovesse attuarsi in modo simile, sarebbe un motivo per abiurare alla Socialdemocrazia; non alla rivoluzione. Ma il parallelo tra cristianesimo e Socialdemocrazia a questo proposito non regge. Kautsky osserva come Engels, nell’articolo ‘Per la storia del cristianesimo primitivo’, che costituisce l’antecedente per questo parallelo, non abbia indagato sull’ulteriore sviluppo del cristianesimo e non si sia occupato del suo mutamento dialettico (39)” [Andrea Barbaranelli, Introduzione] [(in) Karl Kautsky, ‘L’origine del cristianesimo, Roma, 1970, a cura di Andrea Barbaranelli] [(38) Per tutta la questione vedi l’Introduzione di Colletti a ‘Bernstein, Socialismo e socialdemocrazia’, Laterza, 1968, ora in Colletti, ‘Ideologia e società’, 1969, op. cit., pp. 61-147; (39) Anche per ciò che riguarda gli inizi del cristianesimo, del resto – nota Kautsky – non è esatto parlare, come fa Engels di religione di schiavi: la comunità protocristiana fu una comunità di proletari]