“Dove lo Stato diviene un «congegno artificioso (‘kunstreicher Uhrwerke’)», non solo l’uomo diventa un piccolo frammento del tutto, ma trionfa, necessariamente, l’etica materialistica: e devo precisare che è lo stesso Schiller a parlare di ‘materialistische Sittenlehre’. Ora, l’etica materialistica mette sugli altari la categoria dell’utile: «L”utile’ è il grande idolo del tempo, e ad esso tutte le forze devono servire e tutti i talenti prestare ossequio. Su questa rozza bilancia, il merito spirituale dell’arte non ha nessun peso e, privato di ogni eccitamento, scompare dal chiassoso mercato del secolo» (119). Ho già ricordato come la riflessione schilleriana si agganci, per un certo verso, al materialismo francese; e, qui, l’aggancio, non c’è dubbio, è polemico, se è vero che, dell’etica materialistica degli Helvétius e dei d’Holbach, si può dire ciò che scrivono Marx ed Engels: «Già in Helvétius e in Holbach si trova un’idealizzazione di questa dottrina (dell’economia politica come teoria dell’utilità) che corrisponde in tutto e per tutto alla posizione dell’opposizione della borghesia francese prima della Rivoluzione. In Holbach ogni attività degli individui dovuta al loro reciproco commercio… è presentata come un rapporto di utilità e di utilizzazione» (120). La «barbarie» borghese, stando così le cose, è quella di un uomo che non conosce altro rapporto con l’uomo che non sia un rapporto utilitaristico. Schiller, da ultimo, denuncia, nella società borghese, un vizio di fondo, che denuncerà anche Marx: «La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le attività che fino allora erano venerate e considerate con pio timore. Ha tramutato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l’uomo della scienza, in salariati ai suoi stipendi. La borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale del rapporto familiare e lo ha ricondotto a un puro rapporto di denaro» (121). Questo rapporto è il rovescio dello ‘schöner Umgang’ auspicato da Schiller. Le relazioni belle non ci sono più, perché vige, nella società borghese, il rapporto utilitaristico, per il quale l’uomo esige dall’uomo il nudo pagamento in contanti. Ma questo rapporto c’è perché era necessario l’avvento del tempo dell’antagonismo delle forze umane, del tempo della divisione del lavoro, di un commercio tra gli uomini che fosse unicamente un commercio di ‘funzionari’. Questo rapporto è necessario in un universo civile e sociale estremamente razionalizzato, giustificato dall’intellettualismo illuministico, nella sua espressione più materialistica, come l’unico rapporto possibile. L’ideale della rivoluzione estetica dell’uomo, allora, si appunta contro la rivoluzione borghese. Era una rivoluzione necessaria, d’accordo; ma bisogna andare oltre; e, per andare oltre di essa, occorre ripristinare l’unità delle forze umane; occorre risolvere il problema di Kant, e, più esplicitamente, occorre far crollare le ragioni dell’educazione proposta da Rousseau. In una parola, bisogna battersi per il tramonto della civiltà del lavoro diviso. Questo è il tramonto dell’isolamento delle ‘Kräfte’ umane, il ritorno dell’azione reciproca (Wechselwirkung) tra loro, dell’incontro dell’«apertura del senso con l’energia dell’intelletto (Offenheit des Sinnes mit Energie des Verstandes)» (122), della perfezione dell’esistenza umana (Vollendung seines Daseins) (123), della restituzione dell’uomo della forma vivente (lebende Gestalt), del ripristino della «comunione tra istinto formale e istinto materiale (Gemeinschaft zwischen Formtrieb und Stofftrieb)» (124), della ripresa dell’equilibrio (Gleichgewicht), dell’armonia (Überstimmung) delle facoltà dell’uomo, della fine dell”Unterdrückung’, della riconquista della Volkommenheit, del conseguimento dello Spieltrieb tra intelletto e senso (125), del raggiungimento da parte dell’uomo, dello stato intermedio (mittlerer Zustand) che tanto rievoca da vicino lo schema kantiano come vermittelnde Vorstellung tra intelletto e senso (126). Certo, son tutte cose che Schiller dice discutendo, come si è detto più volte, con Kant e la Rivoluzione francese; ma l’obiettivo polemico più sicuro è, in questo caso, da scorgersi nell’illuminismo intellettualistico e materialistico ad un tempo (127), come quello che non riconosce altre relazioni umane che non si ano relazioni fondate sull’interesse. Che se queste relazioni sono, necessariamente, rapporti tra uomini chiusi nelle loro specifiche ed invalicabili funzioni, la polemica si svolge, continua a svolgersi, esaltando ciò che può mettere fine alla civiltà del lavoro diviso. Lo “stato estetico”, o piuttosto la persecuzione di esso, finisce con l’apparire il mezzo più ideone per far cessare le relazioni antiestetiche e disumane tra gli uomini. Si combatte l’angustia dell’uomo civile, la miseria della finitezza umana, teoricamente sancita da Kant e, contemporaneamente, si mette la dinamite sotto la colonna portante dell’edificio civile e sociale borghese.” (pag 44-45-46) (dall’introduzione di Antimo Negri) [Schiller, Friedrich, Lettere sull’educazione estetica dell’uomo : Callia o della bellezza, introduzione e note di Antimo Negri, Roma, Armando, 1993] [(119) Briefe, II. (Über die äesthetische Erziebung); (120) K. Marx F. Engels, L’ideologia tedeca, trad. it. di F. Codino, Roma, 1958, p: 411. La parentesi è mia; (121) Manifesto del Partito Comunista, trad.it., di E. Cantimori Mezzomonti, Torino, 1967, p. 411; (122-126) Briefe,XIII, XIV, XV, XVI, XVIII; (127) Per comprenderlo, basta leggere la hegeliana ‘Phänomenologie des Geistes (VI, B, II)]