“Il marxismo identifica storicamente la divisione del lavoro con la divisione della società in classi e gruppi antagonistici. L’identificazione è giusta perché la divisione del lavoro ha la sua radice nella stessa contrapposizione tra lavoro materiale e lavoro intellettuale: la prima articolazione e specificazione che l’elaborazione scientifica introduce nelle attività produttive umane è precisamente quella tra chi produce e chi “elabora” la produzione, ossia tra i lavoratori e la loro direzione tecnica la quale deriva la propria funzione dirigente precisamente dal fatto che sa ciò che i lavoratori non sanno e che li dirige e ammaestra nel loro fare. Se le cose si fermassero a questo punto, non ci sarebbe antagonismo, non ci sarebbe vero conflitto di classe. Senonché abbiamo visto che nel lavoro intellettuale, sin dal suo iniziale distacco dalla produzione, è insita una vocazione di fuga per la tangente, ossia di isolamento e di conseguente chiusura aristocratica, che equivale ad un rifiuto del necessario ricambio materiale e sostanziale con la realtà del lavoro, che si configura, nell’artista ancora legato comunque alla ricerca, come gioco inventivo, come raffinamento artigianale ecc., ma si configura, nel suo corrispettivo sociale e nel suo significato di classe, come ben altro: come ‘ozio’, come non già elaborazione ma soltanto ‘godimento’ dei prodotti di ‘lusso’ e quindi come sfruttamento e oppressione sociale. Le forze materiali della società fanno periodicamente giustizia di questa alienazione sociale mediante la rescissione ‘rivoluzionaria’ delle sopravvivenze parassitarie di una antecedente funzione dirigente trasformatasi in ‘proprietà’ inerte e incalzano incessantemente le formazioni aristocratiche allo scopo di reintegrare nel circolo del processo produttivo il solo lavoro intellettuale economicamente e socialmente valido e, nello stesso tempo, allo scopo di elevare al godimento dei beni più pregiati e raffinati tutta la massa dei produttori. Si realizza così, nella lotta sociale, la progressiva integrazione tra il lavoro materiale e il lavoro intellettuale, nella misura in cui il primo partecipa sempre di più delle prerogative che originariamente si ritenevano esclusive del secondo, le assorbe e le assimila” [Giuseppe Prestipino, La dialettica materialistica e le categorie della prassi, Messina-Firenze, 1957]
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- Articolo pubblicato:17 Febbraio 2016