“Nell’articolo “L’immutata natura dello Stato dirigista” dell’aprile 1981, Arrigo Cervetto scrive: “Nel 1917 Karl Renner, uno dei principali esponenti dell’austro-marxismo, pubblica il libro “Marxismo, guerra e Internazionale” che è una delle massime espressioni del socialimperialismo. Per K. Renner occorre distinguere tra Stato come «totalità organizzata del popolo» e Stato come «struttura di dominio». Il rapporto tra Stato ed economia è alla base di tale distinzione e da questo rapporto parte la valutazione sul mutamento della natura dello Stato. Il revisionismo di K. Renner assume il rapporto tra economia e politica per sfociare in una versione dello statalismo come ideologia socialdemocratica. Con la prima guerra mondiale imperialista aumenta l’intervento dello Stato nella attività economica dei principali paesi belligeranti, sia in Germania e in Austria, che in Francia, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti. La mobilitazione militare e il rifornimento costante e regolare di una quantità enorme di prodotti bellici impongono ai governi, agli Stati Maggiori, ai vari poteri politici dell’imperialismo la necessità di assicurare il rifornimento di materie prime, la produzione industriale, la mobilitazione della forza-lavoro, la domanda proveniente dai fronti bellici. Anche il credito e il finanziamento della produzione necessitano un crescente intervento dello Stato, parallelamente all’aumento della spesa militare. Ben presto l’ampiezza del circuito finanziamento – produzione – consumo bellico supera la capacità del prodotto sociale dei paesi più direttamente impegnati: Germania, Austria e Russia crolleranno. Gran Bretagna, Francia e Italia vinceranno solo grazie al fatto che gli Stati Uniti, tramite prestiti, sovvenzioneranno i loro circuiti. Gli Stati Uniti, i grandi creditori, saranno gli unici vincitori di fronte a perdenti e vincenti, tutti grandi debitori. Da allora l’imperialismo americano sarà il grande condizionatore dell’Europa e delle vicende politiche europee. In definitiva il crescente intervento dello Stato, sia nel ruolo di produzione che nel ruolo di controllo, è il prodotto dello sviluppo, dell’aumento, della ampiezza e della maturità dell’economia mondiale. E’ il risultato del mercato mondiale e delle sempre più strette interdipendenze, è il prodotto della più intensa concentrazione del capitale, è il prodotto dell’imperialismo come sistema universale e unitario. Senza la concentrazione del capitale negli Stati Uniti, senza la centralizzazione finanziaria di Wall Street e senza l’eccedenza capitalistica provocata da questi processi, non sarebbe stato possibile. Lo statalismo europeo, con le sue velleità pianificatorie, senza il finanziatore americano avrebbe trovato un limite nelle sue capacità di accumulazione e, conseguentemente, di spesa pubblica e di spesa militare. Lenin, che ha analizzato l’imperialismo armato della concezione materialistica della politica e che ha stabilito correttamente il rapporto struttura-sovrastruttura nella nuova fase del capitalismo, è in grado di affrontare scientificamente il fenomeno e di definirlo, particolarmente nel caso tedesco, come «capitalismo di Stato». Egli ha presenti tutte le connessioni che si sono venute a determinare, in quantità e qualità, nel mercato mondiale e in tutta la sua sovrastruttura di Stati. Sa perfettamente, dopo aver analizzato tutti i dati economici della dinamica capitalistica, nei vari paesi e settori, che ogni fenomeno politico in singole parti del mercato mondiale e in singoli Stati non può essere il risultato dei soli fattori interni ma può essere solo la manifestazione particolare di un processo mondiale. (…)” [Lotta Comunista, n. 128, aprile 1981, pubblicato in “L’involucro politico”, edizioni Lotta Comunista, 1994, ora in: Arrigo Cervetto, “Opere. I. Scritti teorici”, Edizioni Lotta Comunista, 2015]”  [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]