“Se ad esempio – ci dice Marx nella ‘Einleitung’ del ’57 – esaminiamo la categoria economica della ‘produzione’, assumendola nella sua generalità, dobbiamo saper vedere che il suo carattere ‘generale’ o comune, rilevato dall’analisi comparativa, è qualcosa di ‘articolato’ o complesso, che ‘si diversifica’ in numerose  determinazioni. Taluni di questi elementi sono comuni a tutte le epoche, altri ad alcune soltanto. Certe caratteristiche saranno comuni all’epoca più moderna come alla più antica, così che nessuna produzione sarebbe concepibile senza. Ma come le lingue più sviluppate hanno leggi e caratteri in comune con quelle meno sviluppate e precisamente ciò che costituisce il loro “sviluppo” è ciò in cui si dipartono dal generale comune, così le caratteristiche “generali” debbono esser “tenute a parte” (‘gesondert’) affinchè non sia dimenticata, in ragione dell'”unità” o uniformità o generalità, la “differenza essenziale” o specifica. In tale dimenticanza consiste la presunta “saggezza” degli economisti che si sforzano di provare la “eternità e armonia  delle condizioni sociali esistenti”. E spiegano che ‘nessuna’ produzione è possibile senza un ‘istrumento di produzione’, “questo strumento non fosse altro che la mano”; o senza lavoro passato e accumulato, “questo lavoro non fosse altro che l’abilità riunita e concentrata per ripetuto esercizio nella mano di un selvaggio”. E spiegano il ‘capitale’ come un “generale, eterno rapporto naturale”; il che è vero ‘se’ tralasciamo il “carattere specifico” che fa di una lavoro accumulato un “capitale” in senso moderno. Essi tendono così a “confondere e eliminare tutte le differenze ‘storiche'”, allorchè formulano le loro “leggi umani generali”. (…) Occorre allora – prosegue Marx – seguire un metodo “scientificamente corretto”: cioè innanzi tutto procedere ad astrazioni (senza cui non c’è pensiero né conoscenza di sorta) partendo dal “concreto” (‘das Konkrete’); “dal reale soggetto” ch’è in questo caso una “società ‘determinata’”, storica. (Le ‘Robinsonate’, di cui molto si compiacciono ancor oggi gli economisti borghesi, il Robbins ad es. ecc., non sono, dice Marx, che “fantasie” di ispirazione giusnaturalistica, chè “la produzione da parte di individui isolati al di fuori della società, cioè un che di eccezionale che potrebbe capitare a un uomo civile fino, per caso, in un deserto ma già in possesso potenziale delle forze sociali, è cosa tanto irreale quanto lo svilupparsi di un linguaggio senza individui viventi insieme e parlanti fra loro”). Ma benchè il “concreto” sia l’effettivo punto di partenza dell’osservazione e della concezione, esso appare tuttavia nel nostro pensiero come un “processo di sintesi”, come un “risultato” e “non un punto di partenza”: il concreto è concreto, infatti, in quanto esso è un “assieme di molte determinazioni e quindi ‘unità’ del ‘molteplice'”. Se, per spiegare l’intero processo sociale di produzione, partiamo dalla popolazione come sua base, senza tener conto veramente delle “classi”, cioè degli elementi concreti, storici, che le costituiscono, quali il lavoro salariato, il capitale etcetera, e le relative implicazioni, e però cominciamo con una “rappresentazione ‘caotica’ della totalità”, e perveniamo, con un’analisi graduale, a concetti vieppiù semplici, così facendo procediamo da un concreto “immaginario” (‘vorgestellten’) ad astrazioni sempre meno complesse fino a giungere alle più semplici e cioè ad astratti generali principi quali la divisione del lavoro, la moneta, il valore ecc.: e questo è il metodo adottato dalla economia politica borghese: “metodo per cui la piena [concreta] rappresentazione si ‘volatilizza’ (‘verflüchtigt’) in una astratta definizione”, che, si badi , ‘non è vuota’, come vorrebbe la critica kantiana e idealistica del razionalismo astratto, ma è ‘piena’ di un concreto “caotico”, confuso, indigerito, o “empiria ‘cattiva’”, non mediata, essendo infatti, essa “definizione astratta”, in ragione del suo apriorismo, una tautologia reale – ossia ‘del reale’ o suo ‘contenuto’ – e non meramente formale o verbale; e quindi il “volatilizzarsi” della “rappresentazione, piena, concreta” non significa lo svuotarsi di essa in quanto rappresentazione, ma il ‘confondersi’ o esser “immaginario” o ‘in-distinto’ il suo ‘contenuto’; chè ciò che si volatilizza nella definizione “astratta” (apriorica) è la ‘conoscività’ della rappresentazione, ‘non il contenuto’ di essa (la critica ‘materialistica’ dell’apriori è ben più profonda di quella kantiana e idealistica, coinvolge infatti anche questa)” [Galvano Della Volpe, ‘Metodologia scientifica. III Lezione. La struttura logica della legge economica nel marxismo. I. I presupposti critico-polemici del metodo della “dialettica scientifica” in economia’, Roma; 1955]