“Nel 1913 il noto critico socialista Eduard Bernstein pubblicava, per conto del partito socialdemocratico tedesco, sotto il titolo di «Grundsätze des Kommunismus» (Fondamenti del Comunismo), lo scritto che si presenta qui tradotto, dopo che la prima traduzione di Angelica Balabanoff per le collezioni dell'”Avanti!” è divenuta pressoché irreperibile. Il testo originale era stato rinvenuto tra le carte ed i documenti retrolasciati da Federico Engels, ed è vergato di pugno di questi su carte ingiallite dal tempo. Nessun dubbio poteva nutrirsi, in base ad una semplice lettura, sull’epoca e sull’origine dello scritto. Si tratta di un lavoro di carattere popolare, con intenti divulgativi, redatto in forma catechistica, a domande e risposte, negli ultimi mesi del 1847, ed evidentemente è un lavoro preparatorio di quel «Manifesto dei Comunisti», che è stato e rimane la pietra angolare del socialismo moderno. Una stretta affinità di tesi, di concetti, di intenti – ed i raffronti e commenti intercalati alla traduzione delle singole «Questioni» intendono meglio metterla in luce – intercorre tra i due testi.. Ma il «Manifesto» rivela ad un tempo quella più laboriosa profondità, quella maggiore completezza di argomentazioni e quella scultorea classicità di forma, che un testo definitivo raggiunge rispetto ai progetti ed agli abbozzi preparatorii. Che le cose stiano così è provato non solo dai documenti più oltre richiamati, ma dalla testimonianza dello stesso Engels. Nel 1884 questi raccontò al Bernstein e ad altri che tanto lui quanto Marx avevano, ciascuno per proprio conto, elaborato un progetto del «Manifesto» e che solo successivamente avevano intrapreso in collaborazione la stesura del testo definitivo. In tale occasione l’Engels fece anzi dono al Bernstein, che lo pubblicò in fac-simile, di un superstite foglio del progetto di Marx. Invece – cosa del resto ben comprensibile a chi conosca la modestia dell’Engels e quel suo devoto ritirarsi nell’ombra per meglio lasciar campeggiare la figura dell’amico e compagno – nulla disse circa il proprio progetto e sottacque la circostanza di possederlo tuttora. Comunque – ogni altro argomento a parte – sull’autore non si può vare il minimo dubbio. Chiunque abbia una certa familiarità con le opere originali di Marx e di Engels constata di primo acchito come non solo lo stile, ma il modo di argomentare e la scelta stessa delle argomentazioni rivelino in maniera irrefutabile la personalità di Federico Engels. Non c’è nessun elemento che lasci trasparire una collaborazione o un intervento di Marx. È noto come, già in precedenza stabilito di render pubblici i principii che sorreggevano l’azione di coloro che allora si distinguevano come «comunisti» con una comune e chiara professione di fede» (Gluabenbekenntniss) comunistica, di ciò si sia precipuamente preoccupato il secondo Congresso della «Lega dei Comunisti», tenutosi a Londra al principio di dicembre 1847. Per una decina di giorni si protrassero le discussioni, verosimilmente impostate sui rispettivi progetti di Marx, dell’Engels e forse di altri – tra cui uno che era ancora oggetto di dibattiti nella comunità londinese, redatto probabilmente dallo Schapper. Si finì col deliberare, segno palese di una riconosciuta superiorità, di affidare a Marx e ad Engels la redazione, in collaborazione, del testo definitivo del tanto desiderato «Manifesto»” (pag 9-11) [Giuliano Pischel, a cura e prefazione, (in) ‘Il catechismo dei comunisti’ di Federico Engels, Gentile editore, Milano, 1945]