“Questo ampio lavoro di traduzioni, che copre oltre 700 pagine manoscritte sulle circa 3000 che costituiscono il complesso dei ‘Quaderni’ e un arco temporale che va dall’inizio del 1929 (cioè dal momento in cui Gramsci ottiene il permesso di scrivere in carcere) al 1931 con una breve ripresa nell’anno successivo, culmina e insieme si conclude con la versione pressoché integrale di un’antologia popolare tedesca di scritti di Marx (di cui erano stati pubblicati alcuni brevi estratti in appendice all’edizione di Gerratana) (5), realizzata tra la fine del 1930 e il 1931 vale a dire negli stessi mesi in cui, in un’altra sezione del medesimo quaderno – il Quaderno 7 – Gramsci sta compilando la ‘seconda serie’ degli ‘Appunti di filosofia – Materialismo e idealismo’, largamente dedicati proprio al marxismo (6). Non è certo questa per Gramsci la prima né l’unica occasione di confrontarsi con i testi marxiani la cui conoscenza data fin dagli scritti giovanili, sia pure ancora intrisi di idealismo – basti pensare a quelli celeberrimi del 1917-18 su ‘La rivoluzione contro il “Capitale” o su ‘Il nostro Marx’ (7) – e si approfondisce e si precisa nel corso degli anni insieme alle posizioni politiche dell’autore fino al 1925 quando Gramsci, ormai segretario del PCd’I, compila una sintetica quanto efficace antologia marxista all’interno di una dispensa destinata alla scuola di partito (8). Una conoscenza così puntuale da permettergli di citare a memoria, nella ‘prima serie’ degli ‘Appunti di filosofia’ del Quaderno 4, ampi brani delle opere di Marx, alcuni dei quali successivamente riveduti e corretti sulla base delle proprie versioni dal tedesco (9). Se però – come non sono il solo a credere – i ‘Quaderni’ sono anche se non soprattutto una riflessione sulle ragioni di una sconfitta – personale oltre che politica-, e se tale riflessione passa anche se non soprattutto attraverso non una negazione né un superamento, ma una rilettura e un approfondimento dell’opera di Marx, questo avviene anche se non soprattutto grazie alle traduzioni dell’antologia sopra citata, non foss’altro che per il fatto che in carcere Gramsci ha a disposizione ben poche altre fonti a riguardo, probabilmente solo alcuni volumi di un’edizione francese di opere marxiane che peraltro definisce in una lettera a Tatiana del 1931 (coeva al proprio lavoro di traduzione) “tradotte in modo scelleratissimo” (10). Un altro elemento da tenere in considerazione è che, contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, le versioni gramsciane non seguono l’ordine con cui i testi compaiono nel volumetto tedesco, ma una successione diversa, dalla quale mi sembra di poter ricavare una sorta di gerarchia di valore in ordine decrescente e che corrisponde alla particolare interpretazione da parte di Gramsci di quella che nei ‘Quaderni’ definisce sempre più spesso – e non solo per ragioni di (auto)censura – “filosofia della prassi” (11)” [G. Cospito, ‘Gramsci e Marx’ (in) Aa.Vv. ‘Gramsci e la storia d’Italia, Milano, 2008] [Note: (5) ‘Cfr. A. Gramsci, ‘Quaderni del carcere’, a cura di V. Gerratana, cit., vo., IV, pp. 2355-62; (6) Per la cronologia dei ‘Quaderni di traduzioni’, cfr. le pp. 870-90 dell’edizione citata; per la datazione degli appunti teorici, qui e nel seguito mi sono avvalso di G. Francioni, ‘Proposte per una nuova edizione dei ‘Quaderni del carcere’, “IG Informazioni”, 1992, 2, pp. 85-186, in particolare pp. 144-47; (7) I due articoli erano usciti rispettivamente sull'”Avanti!” del 24 novembre 1917, a commento delle prime frammentarie notizie provenienti dalla Russia sulla Rivoluzione d’Ottobre, e su “Il Grido del popolo” del 4 maggio 1918, in occasione del centenario della nascita di Marx; (6) I testi si trovano ora raccolti in A. Gramsci, ‘Il rivoluzionario qualificato’, a cura di C. Morgia, Roma, Delotti, 1988, pp. 59-209; (9) Cfr. V. Gerratana, ‘Note al testo’, in A. Gramsci, ‘Quaderni del carcere’, cit., vol. IV, p. 2642; (10) Lettera del 29 giugno 1931, ora in A. Gramsci, ‘Lettere dal carcere’, cit, vol. II, p. 431. In effetti nel Fondo Gramsci della Fondazione che porta il suo nome sono conservate alcune altre opere di Marx ed Engels, ma essendo per lo più prive di contrassegni carcerari è improbabile che Gramsci abbia avuto effettivamente la possibilità di consultarle; (11) Sulla complessa questione si veda almeno F. Frosini, ‘Gramsci e la filosofia. Saggio sui Quaderni del carcere’, Roma, Carocci, 2003, pp. 79 sgg., nonché, del medesimo autore, il saggio su ‘Filosofia della praxis’, in F. Frosini, G. Liguori, a cura, ‘Le parole di Gramsci. Per un lessico dei Quaderni del carcere’, Roma, Carocci, 2004, pp. 93-111′]