Adamo Smith e la spola volante. L’Inghilterra officina del mondo! Io credo nella Zecca onnipotente e nel figliol suo detto Zecchino! “La febbre degli industri è come quella dei valorosi che, giunti sulle rive dell’oceano piangono di dolore perché non vi sia più terra da conquistare” (20). L’Inghilterra forniva le macchine, la Francia forniva gergo e ideologia alla “libertà dell’industria”: ‘l’industrie, les industriels, le parti industriel, industrialisme, le système industriel’. Di fronte alla rivoluzione industre Marx consentiva pienamente e pienamente avrebbe sottoscritto quanto C. Comte e Dunoyer propagandavano: industria è operosità, il secolo XIX è il secolo dell’operosità. Egli conosce, ben s’intende, e fin dai ‘Manoscritti’ del 1844, le inchieste di Pecqueur e di Buret, di Schulz e di Loudon sulla miseria operaia, eppure gli canta di “civile vittoria del capitalista”. “La proprietà mobiliare”, scrive, “ha fornito al popolo la libertà politica, ha sciolto i vincoli della società civile, ha collegato i continenti… ha dato al popolo, invece dei suoi rozzi, dei civili bisogni… La civile vittoria del capitalista è di avere scoperto e posto il lavoro umano come fonte di ricchezza in luogo della morta cosa” e cita Saint-Simon e Ricardo e James Mill e MacCulloch e Michel Chevalier – gli apologeti dell’industrialismo e scrive ‘Die Industrie’ e non ‘Das Gewerbe’, giacché il termine francioso sta facendo carriera nelle lingue d’Europa (21). Dalla esaltazione dei ‘Manoscritti’ alla esaltazione che s’esprimerà nel ‘Manifesto’ il passo è breve: la borghesia, dirà il ‘Manifesto’, ha saputo costruire ben altro che cattedrali gotiche e piramidi egizie! Sotto tale profilo la datazione di economia classica nella ‘Critica’ del 1859 (l’economia classica nasce con Petty e muore con Ricardo) acquista chiara luce: il distacco fra visuale industre dell’economia e visuale tradizionalista – ‘medievale’, per indicare un’epoca ed un contenuto in cui maggiorascato e manomorta, ricchezza di morte cose, dominano; o fra visuale industre e visuale mercantilista – ‘mercantilista’ in cui domina la ricchezza di mercatura, il denaro più che la ricchezza di trasformazione – incomincia con l’acquisizione del concetto-lavoro al fatto economico. E’ tramite il concetto di travaglio operoso che l’economia acquista la visuale ‘classica’ di teorizzamento dell’operosità; qui il lavoro non è semplicemente sforzo penoso o travaglio ma creatività operosa, inventiva. Di qui l’economia classica come compresa fra Petty e Ricardo – quali autori che istituirono una economia politica sul concetto di ricchezza come “prodotto del lavoro”” [Aurelio Macchioro,  ‘Divisione del lavoro e rivoluzione dell’ industria in Marx’, (in) Aurelio Macchioro, a cura di Luca Michelini, ‘Keynes, Marx, l’Italia’, Roma, 2007] [(20) C. Cattaneo (1845), ‘Dell’economia nazionale di Federico List’, in ‘Scritti economici, Le Monnier, Firenze, 1956, p. 381; (21) K. Marx, ‘Manoscritti economico-filosofici del 1844’, (in) ‘Opere filosofiche giovanili’, Rinascita, Roma, 1950, p. 246]