“Esamineremo ora brevemente la teoria ricardiana dello sviluppo economico nello studio della quale egli ha applicato praticamente in concetti analitici raggiunti nello studio del problema del valore, della distribuzione e della rendita. Vale in ogni caso la pena di osservare subito che la teoria ricardiana dello sviluppo economico è importante per due ragioni: in primo luogo perché dimostra la fine dello sviluppo dell’ottimismo razionalistico del secolo XVIII e in particolare del sistema solidaristico di Smith, in secondo luogo perché pone per la prima volta esplicitamente nella dottrina economica il problema delle crisi economiche. I cardini fondamentali della dinamica ricardiana sono l’accumulazione del capitale e la caduta tendenziale del saggio di profitto. A differenza di Smith l’accumulazione secondo Ricardo tende a diminuire i profitti soltanto in determinate circostanze. E queste circostanze variano con il variare dei profitti. Abbiamo visto che questi ultimi sono determinati dalla differenza tra il valore complessivo dei prodotti e il valore delle sussistenze che il capitalista deve corrispondere al lavoratore per la loro produzione, e quindi aumenta o diminuisce con la quantità di lavoro necessaria a produrle. Ora dice Ricardo “supposto che il grano e le merci manifatturate siano venduti sempre allo stesso prezzo i profitti saranno alti o bassi a seconda che i salari siano bassi od alti. Ma supponiamo che il prezzo del grano aumenti perché la sua produzione richiede più lavoro: non si verificherà per aumenti perché la sua produzione richiede più lavoro: non si verificherà per questo un aumento dei prezzi delle merci manifatturate, per la cui produzione non è necessaria alcuna quantità addizionale di lavoro. Se quindi i salari resteranno allo stesso livello anche i profitti degli industriali non subiranno oscillazioni; ma se, com’è assolutamente certo, i salari aumenteranno con l’aumentare del prezzo del grano allora i profitti dovranno necessariamente cedere” (12). Deriva da questa constatazione che salario e profitto sono inversamente proporzionali. Cosicché l’accumulazione non è più come per Smith la causa meccanica della caduta del saggio del profitto. Essa porta alla caduta di questo saggio solo in presenza dell’aumento dei salari. Ma quando aumentano questi ultimi? Abbiamo visto che ciò avviene soltanto in presenza dell’aumento del costo della sussistenza necessaria al sostentamento e al perpetuarsi del lavoratore e cioè dei viveri di cui il grano è costituente fondamentale. A questo punto la rendita differenziale interviene a spiegare la dinamica di questo aumento (13). Secondo questa, con l’aumento della popolazione (per la quale Ricardo accetta in pieno la teoria malthusiana), si determina la coltivazione di terre sempre meno fertili con il conseguente aumento dei prezzi delle derrate alimentari e dei salari nominali e con la continua caduta dei salari reali e dei profitti. Il quadro dello sviluppo sociale che ne deriva è veramente deprimente. Sparita definitivamente la solidarietà tra le classi sociali, gli interessi dei lavoratori e dei capitalisti vengono a contrapporsi a quelli dei proprietari fondiari. Questi sono dunque i nemici da battere e il dazio sui cereali l’arma di cui devono essere privati. Alla lotta contro le ‘Corn Laws’, ai libero-scambisti tipo Cobden, alla lotta della ‘Anti-Corn Lac League’, Ricardo fornirà l’arma teorica che nel 1846 porterà finalmente alla vittoria scambista. Trascurando gli altri apporti di Ricardo allo sviluppo delle dottrine economiche (moneta, banche, teoria dei costi comparati, macchine) importanti quanto si vuole, ma non determinanti ai fini che ci siamo proposti nelle nostre lezioni, una cosa va osservata a questo punto a guisa di conclusione: l’immediata reazione degli economisti suoi contemporanei alle implicazioni dinamiche del suo sistema. Queste infatti non erano soltanto utili alla battaglia contingente contro i proprietari terrieri e a favore dei capitalisti industriali. Esse avevano soprattutto messo in rilievo, malgrado l’accettazione esplicita da parte di Ricardo della legge di Say che postulava l’impossibilità degli ingorghi di capitale, le tendenze di disquilibrio contenute nel sistema capitalistico anche se Ricardo si era costantemente preoccupato di farle risultare esterne al sistema. Il fatto stesso però di aver fatto vedere in che maniera veniva a rompersi il solidarismo smithiano, com’era possibile cioè che le varie classi sociali non concorressero più, come sotto l’impulso di una ‘mano invisibile’, al raggiungimento del massimo di utilità sociale, aveva scosso la fiducia nel sistema capitalistico e indicato le vie per un attacco generale alla sua validità. H. Carey, nel 1848 aveva definito il sistema di Ricardo “un sistema di disordine” che “ha la tendenza a creare inimicizia tra le classi e le nazioni” (14), ma già molto tempo prima, i primi segni di risveglio delle classi lavoratrici aveva indotto molti economisti a mettere in guardia contro il possibile uso rivoluzionario del pensiero ricardiano (15). Vedremo come ciò abbia portato in seguito all’abbandono di esso nel campo accademico e alla critica coerente e decisiva di Marx” [Luigi Occhionero, Economia politica. XXXI lezione. Lo sviluppo del pensiero economico dai classici a Keynes. David Ricardo, Roma, 1955] [(12) D. Ricardo, Works, cit, vol. I, pp. 110-111; (13) Si veda a questo proposito la lettera di Ricardo a Malthus del 18.12.1814 (…); (14) Citato da Marx, op. cit., p. 14; (15) Si veda sull’argomento R.L. Meek, ‘The Decline of Ricardian Economics in England’, ‘Economica’, febbraio 1950, pp. 57-62] (pag 6-7)