“Al di là delle differenze indicate, vi è quindi sia nell’interpretazione della Kuliscioff che in quella di Turati un comune criterio di fondo: che consiste, appunto, nel tener ben presente la situazione italiana di forte ritardo storico. E, proprio in base a questa considerazione, essi ritengono che il partito abbia di fronte a sì soltanto due strade: o un cauto lavoro di organizzazione che lasci ai democratici il compito di occuparsi della insurrezione meridionale, oppure una direttiva rivoluzionaria, secondo la quale i socialisti, saltando consapevolmente una delle fasi dello sviluppo storico, si sostituirebbero ai democratici dimostratisi incapaci di guidare il movimento dei Fasci (38). Quale delle due vie prendere? Questo è il quesito che la coppia pone ad Engels per avere un consiglio che la guidi nella difficile scelta. La risposta di Engels è nota e si può riassumere in questa affermazione: che bisogna creare un ambiente favorevole allo sviluppo del socialismo aiutando il progresso della borghesia. Si tratta quindi di una indicazione assai simile a quella data da Turati nel ’92 ai lettori della «Critica Sociale». Ma se Turati aveva posto allora l’accento sulla formazione della borghesia industriale, Engels fa ora riferimento alla creazione di un forte movimento piccolo borghese, orientato in senso democratico, che chieda il suffragio universale e la libertà di movimento per i partiti di sinistra e crei una condizione propizia per lo sviluppo del socialismo. Finisce con il suggerire un orientamento non previsto da Turati, né dalla Kuliscioff: l’accordo del PSLI, come partito indipendente, con i partiti che rappresentano i ceti medi, cioè i repubblicani e i radicali (39). Certo non è la prima volta che sulla «Critica Sociale» si parla della questione della piccola borghesia: Turati, anzi, ne aveva più volte discusso, cercando di analizzarne la composizione sociale. E ne era venuta fuori l’immagine di un agglomerato quanto mai confuso, composto da un lato di ceti che vivevano di professioni autonome più o meno qualificate; dall’altro di gente che si sosteneva con il piccolo impiego (40). Solo che i giudizi espressi da Turati in merito ai ceti medi e a coloro che considerava i loro rappresentanti politici, cioè i democratici, portano assai lontano dalle conclusioni alle quali Engels giunge nella lettera al direttore della rivista. Nessuna meraviglia quindi che lo scritto del Maestro resti al momento senza risposta e che una replica giunga solo più tardi, a distanza di mesi, quando si tratterà di giustificare un cambiamento di linea rispetto al problema delle alleanze” (pag 365-367) [(38) Turati in realtà, a differenza della Kuliscioff che appare effettivamente indecisa tra i due indirizzi prospettati, sembra propendere per la partecipazione attiva all’insurrezione siciliana, anche se il suo poscritto alla lettera ad Engels lascia trasparire una grande incertezza, cfr. ‘La corrispondenza di Marx e Engels con gli italiani, a cura di G. Del Bo, Feltrinelli, Milano, 1964, p. 518; (39) F. Engels, ‘La futura rivoluzione italiana e il partito socialista’, «CS», 1° febbraio 1894, pp. 35 sgg. Gli studi, che si sono occupati di questa lettera di Engels, hanno teso a sottolineare l’identità tra la via da lui indicata e le scelte politiche di Turati nel campo delle alleanze. In realtà però non solo la divergenza tra le opinioni di Engels e quelle della coppia Turati-Kuliscioff era allora assai evidente, ma anche in seguito i temporanei avvicinamenti di Turati ai democratici non avrebbero espresso un’adesione ai suggerimenti del maestro, quanto piuttosto una scelta autonoma, lungamente elaborata. A questo proposito cfr. L. Strik-Lievers, ‘Turati, la politica delle alleanze e una celebre lettera di Engels’, Nuova Rivista Storica, 1973, n. 1, pp. 128 e sgg., che propone una riesamina delle immagini offerte dalla storiografia circa l’orientamento di Turati nei confronti dei democratici; (40) F. Turati, ‘L’azione parlamentare dei socialisti in Italia’, cit., Così le classi medie sono descritte da Turati: «un’immensa nebulosa di gente intermedia, che è il ceto più vario e forse ancora più numeroso (…); maestri, medici condotti, piccoli proprietari, piccoli impiegati e piccoli esercenti d’ogni maniera, mezzadri, agricoltori senza terra o quasi»] [Ines Monti Ottolenghi, ‘Filippo Turati, la “Critica sociale” e la formazione della borghesia industriale in Italia, dalle origini all’età giolittiana’, Ricerche Storiche, Rivista semestrale del Centro piombinese di studi storici, Leo S. Olschki Editore, N. 2, luglio-dicembre 1976, pag 355-404]