“Riassumendo dunque, abbiamo individuato le condizioni più generali che rendono possibili le crisi economiche nel sistema capitalistico di produzione, quale sistema basato sulla divisione del lavoro e sullo scambio libero, in questi punti fondamentali (1): 1. Nella impossibilità di coincidenza tra i piani individuali di produzione e la realtà oggettivo-sociale, risultante dal mercato ed espressa nei prezzi e contemporaneamente nelle quantità vendute ed acquistate dal mercato a quei prezzi. 2. Nella dissociazione tra la vendita e l’acquisto, nel fatto cioè che il produttore non è nello stesso tempo consumatore e quindi il processo produttivo deve terminare nella vendita del prodotto, nella realizzazione di un capitale monetario finale, che sia superiore a quello iniziale anticipato. 3. Nella dissociazione temporale tra l’inizio e la fine del processo produttivo e nelle variazioni temporali del valore della moneta. Vi è ora da chiedere, queste possibilità di crisi così generali come si trasformano in condizioni inevitabili cioè necessarie di crisi? Esiste cioè nella legge di sviluppo del sistema capitalistico qualche cosa di particolare che renda inevitabile il ripetersi di crisi economiche? Il sommarsi, invece che l’elidersi a vicenda, di singoli squilibri? Il marxismo risponde affermativamente e nella ricerca della causa specifica parte dalle cause più generali per poi giungere a quella particolare, specifica. Dall’analisi dello squilibrio generale tra produzione e consumo e tra investimento e consumo, trae la causa specifica della crisi. Ciò vedremo nelle lezioni che seguono (2)” [Antonio Pesenti, Economia politica. XIII lezione.Le leggi dinamiche del sistema e le crisi economiche, Roma, 1955] [(1) vedi Marx: ‘Storia delle dottrine economiche’, vol. II, Einaudi, pag 518 e seg., (2) In modo brillante Marx riassume il processo capitalistico nel III vol. del ‘Capitale’, pag. 172 ed. tedesca, Dietz, Berlin, 1953]