“Marx ed Engels avevano ricavato dall’analisi dello scontro tra le frazioni liberiste e dirigiste, liberali e reazionarie, liberoscambiste e protezioniste, e dall’attento studio della loro influenza e concorrenza sul movimento operaio la teoria della aristocrazia operaia e del partito operaio borghese. Quasi un secolo di cicli economici e di lotte politiche in Inghilterra, in Francia, in Germania è condensato in questa teoria che non è il gesto della impazienza moralistica ma il frutto della serena meditazione scientifica. Lenin restaura questa teoria e, nella nuova fase imperialista, richiama tutte le costanti del fenomeno sociale che l’ha originata. La aristocrazia operaia, soggetta ad espansione e a restrizione secondo i cicli economici, è una costante come lo è la guerra. L’influenza delle frazioni borghesi sul movimento operaio è un’altra costante. Ma ciò che accumuna le frazioni borghesi è lo sviluppo imperialistico del captialismo: esse possono differenziarsi sul liberismo e sul dirigismo, sul liberoscambismo e sul protezionismo, ma vivono ormai con lo stesso sangue che ha come tratto caratteristico il parassitismo. Possono differenziarsi in liberali e in conservatori, ma sono accomunate dalla “reazione su tutta la linea” perché nessuna rappresenta il progresso delle forze produttive e utte ne rappresentano la distruzione nelle crisi e nelle guerre imperialistiche. La loro influenza sul movimento non può essere altro che la politica sociale dell’imperialismo: il socialimperialismo” [Arrigo Cervetto, “Il restauro della teoria leninista sul socialimperialismo”, Lotta Comunista, N. 120, agosto 1980, p. 1, (in) “Raccolta 1965-1995, Edizioni Lotta Comunista, Milano, 1996] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:3 Aprile 2015