“Ciò che ci interessa è l’aspetto teorico della questione. Cervetto in quegli anni completa la formulazione per cui la strategia è “la teoria delle relazioni internazionali” e il suo contenuto ultimo è la “rottura dell’ordine”, per l’incapacità e l’impossibilità dell’imperialismo di mantenere stabile l’equilibrio tra le potenze. Il nocciolo è il restauro dell”Imperialismo’ di Lenin. La legge dell’ineguale sviluppo economico e politico è anche la legge politica dell’imperialismo, che rende impossibile una “Yalta mondiale”, un’intesa globale di spartizione, e rende transitoria ogni alleanza imperialista. Ogni accordo è parziale, ogni intesa è limitata nel tempo, la dinamica della contesa porta alla “rottura dell’ordine”. Sono difficili accordi di spartizione “che resistano a lungo in una singola zona”, sono impossibili intese che si propongano di “regolare tutte le zone”. La “scoperta scientifica” del 1968 è fondata sulla ricognizione “genetica” della strategia di Marx, Engels e Lenin, dove Cervetto arriva a ricostruire un salto concettuale di natura analoga in Marx ed Engels. Al termine del ciclo di guerre nazionali degli anni Cinquanta e Sessanta del XIX secolo, Marx ed Engels arrivano alla conclusione che la crisi rivoluzionaria non scaturisce  solo dalla crisi economica, ma può trovare anche nella guerra la faglia in cui può incunearsi la strategia rivoluzionaria. La strategia di Marx non si limita alla crisi economica ma ha come componente inseparabile la guerra, argomenta Cervetto nella ‘Questione dei tempi’. C’è in Marx ed Engels un uso della teoria della bilancia di potenza nelle relazioni delle classi e degli Stati, che è parte integrante della loro concezione della strategia. Si devono accostare i due passaggi. Marx ed Engels che ancorano la strategia rivoluzionaria alla guerra e non solo alla crisi, e che fanno un loro uso della teoria dell’equilibrio; Cervetto che, studiando Marx ed Engels, perfeziona la teoria dell’imperialismo unitario e vi include la dinamica specifica della bilancia di potenza e non solo l’espressione politica diretta dei rapporti economici. Il nesso concettuale è della stessa natura, e soprattutto è studiando quel nesso nella strategia di Marx ed Engels che Cervetto arriva all’analoga “scoperta scientifica” nel 1968. Questo passaggio, questo perfezionamento della teoria, può allora illuminare il bilancio delle “Tesi”, e anche la questione dei “vent’anni” per l’industrializzazione asiatica. Nelle “Tesi” e nelle elaborazioni di quegli anni , la costruzione che argomenta le prospettive della crisi generale dell’imperialismo è ancora legata a quella prima formulazione della teoria dell’imperialismo unitario, la crisi è in primo luogo l’impossibilità per le metropoli di esportare le proprie contraddizioni nelle aree arretrate, una volta che queste aree arrivino alla condizione intermedia di potenze industriali. Beninteso, la dinamica di potenza sin d’allora è già presente nell’analisi di Cervetto, ma solo con i passaggi del 1968 e con l’elaborazione successiva dei primi anni Ottanta matura una concezione dialettica della relazione tra rapporti di forza economici e bilancia delle potenze. Questo passaggio non cancella la precedente formulazione della teoria dell’imperialismo unitario, ma si può dire che ne esprime al meglio le potenzialità: l’imperialismo unitario è unità e scissione, e la scissione passa per crisi parziali e generali dell’equilibrio tra le potenze” [Guido La Barbera, Lotta comunista. Verso il partito strategia, 1953-1965, Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2015]