“Il capitale monetario è quella forma di capitale che inclina di più verso gli atti violenti; quello che più facilmente si lega in monopoli, ed acquista con ciò una potenza senza limiti sulla classe operaia, quella che è più estranea agli operai; essa è quella che scaccia il capitale dei privati industriali e domina sempre più tutta la produzione capitalista. La conseguenza necessaria di tutto ciò è ancora: I contrasti sociali si rendono più acuti. Ma l”Inghilterra’! mi si opporrà. Non troviamo noi in Inghilterra una continua diminuzione degli antagonismi di classe? E Marx non ha già detto che l’Inghilterra è il paese classico del sistema capitalistico di produzione, mostrandocela come l’esempio tipico del nostro avvenire? Dunque le condizioni alle quali noi andiamo incontro non sono quelle attualmente esistenti in Inghilterra? Sempre l’Inghilterra ci viene mostrata dagli entusiasti della pace sociale, e, cosa curiosa, sono gli stessi individui che rimproverano più clamorosamente noi Marxisti “ortodossi” per la nostra ostinazione nel restare attaccati ad ogni proposizione marxista, sono proprio essi che ora credono di colpirci nel modo più decisivo colla proposizione marxista suddetta. Ma in realtà le condizioni dopo che Marx scrisse il “Capitale” sono cambiate di molto. L’Inghilterra ha cessato di essere il paese classico del capitalismo. Il suo sviluppo va sempre più rallentandosi e viene sempre più superato da quello di altre nazioni, specialmente della Germania e dell’America ed ora i rapporti incominciano a rovesciarsi. L’Inghilterra cessa di essere lo specchio del nostro avvenire nel sistema capitalistico di produzione. Questo è ciò che lo studio delle condizioni reali insegna a quei Marxisti “ortodossi” che non ripetono pappagallescamente quanto disse Marx, ma ne applicano il metodo per poter capire il presente. L’Inghilterra era il terreno classico del capitalismo, quello nel quale il ‘capitale industriale’ arrivò prima alla propria prevalenza. (…)” [Karl Kautsky, ‘Riforma e rivoluzione sociale’, 1902] [(in) ‘La rivoluzione sociale. Riforma e rivoluzione sociale (1902)’, Firenze, 2002, a cura di Sergio Amato]
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- Articolo pubblicato:8 Marzo 2016