“Di qui comincia il socialismo strettamente moderno. Qui è la linea di delimitazione da tutto il resto. La ‘Lega dei Comunisti’ era divenuta tale, dopo d’essere stata ‘Lega dei Giusti’; e questa alla sua volta s’era gradatamente specificata, per chiara coscienza d’intenti proletarii, dalla lega generica dei profughi, ossia degli ‘sbanditi’. Come tipo, che rechi in sè quasi in disegno embrionale la forma d’ogni ulteriore movimento socialistico e proletario, essa avea attraversato le varie fasi della cospirazione e del socialismo ‘egalitario’. Avea metafisicato con Grün, e utopizzato con Weitling. Avendo sua sede principale a Londra, s’era affiatata, rifluendo in piccola parte sopra di esso, col movimento ‘cartista’; il quale esemplificava nel suo carattere saltuario, perchè di primo esperimento, e punto premeditato, perchè più di cospirazione o di setta, la dura e faticosa formazione del partito vero e proprio della politica proletaria. La tendenza al socialismo non giunse a maturità nel ‘Cartismo’, se non quando il moto suo fu promosso a fallire, e di fatti fallì (indimenticabili voi, Jones ed Harney!). La ‘Lega’ fiutava da per tutto la rivoluzione, e perchè la cosa era nell’aria, e perchè il suo istinto e il suo metodo d’informazioni a ciò portava: e, mentre la rivoluzione effettivamente scoppiava, essa si fornì nella nuova dottrina del Manifesto di un istrumento di orientazione, che era in pari tempo un’arma di combattimento. Già di fatti internazionale, parte per la qualità e origine varia dei membri suoi, ma assai più ancora per l’istinto e per la vocazione che erano in tutti loro, essa venne a prender posto nel movimento generale della vita politica, qual precorrimento chiaro e preciso di tutto ciò che ora può ragionevolmente dirsi socialismo moderno; se cotal parola di ‘moderno’ non deve esprimere una semplice data di cronologia estrinseca, ma anzi un indice del processo interno, ossia morfologico della società” [Antonio Labriola, ‘In memoria del Manifesto dei comunisti’ (1895), Roma, 1902]