“L’appropriazione critica da parte di Marx di questa filosofia è ben lungi dall’essere confinata a una fase giovanile. Al contrario. Una volta sistemati i conti non solo con Hegel stesso ma anche con i suoi seguaci “neohegeliani” – principalmente nella ‘Critica della filosofia hegeliana del diritto’, nei ‘Manoscritti economico-filosofici del 1844′, e nell”Ideologia tedesca’ – restava sgombra la strada per valersi positivamente di quelle acquisizioni della filosofia hegeliana cui Marx attribuiva un valore fondamentale. E’ così che i riferimenti a Hegel nei ‘Grundrisse’ e nel ‘Capitale’ sono frequenti e nell’insieme decisamente positivi – molto più che nelle opere giovanili. Vedremo come affinità rilevanti vennero alla ribalta proprio in un periodo in cui Marx affrontava il compito di sintetizzare alcuni aspetti fra i più intricati della sua concezione del capitale e dalle molteplici contraddizioni intrinseche al suo svolgimento dialettico e storico (3). Lenin stesso lo sottolineava: “Non si può comprendere a pieno ‘Il capitale’ di Marx, e in particolare il suo primo capitolo, se non si è studiata attentamente e capita ‘tutta’ la logica di Hegel. Di conseguenza, dopo mezzo secolo, nessun marxista ha capito Marx!” (4). (…) E Marx si preoccupò sempre di sottolineare, più che ogni altro, come Hegel per primo avesse prodotto un sistema coerente di categorie dialettiche – pur se in una forma altamente astratta e speculativa – ponendosi ben al di sopra dei suoi predecessori e contemporanei. In una lettera a Engels, Marx definiva Comte “povera cosa in confronto a Hegel (quantunque Comte come matematico e fisico di professione gli sia superiore nei particolari, ma, quando si viene al succo, Hegel lo supera infinitamente perfino in questo)” (35). Fu la capacità senza precedenti di Hegel di applicare la sua concezione totalizzante delle categorie dialettiche a ogni problema di dettaglio – cioè in ogni caso in cui motivazioni ideologiche non gli impedissero strutturalmente di farlo – che lo rese infinitamente superiore a tutti gli adoratori positivistici del “fatto” reificato e della inanimata “scienza” (36)” [Istvan Meszaros, Marx “filosofo”. (in) ‘Storia del marxismo’, Torino, 1978] [(3) Si veda a questo riguardo la lettera di Marx a Engels del 2 aprile 1858; (4) Lenin, Opere, vol. 38, p. 180; (35) A. Engels, 7 luglio 1866, in ‘Opere’ cit. vol. 42, p. 257; (36) Cfr. le lettere di Marx a Engels, 1° febbraio 1858, e a Schweitzer, 24 gennaio 1865]
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- Articolo pubblicato:22 Febbraio 2015