“Marx non attacca mai la specializzazione in sé, come ricorda con esattezza Galvano Della Volpe, “è lo spirito che sta dietro la specializzazione e la tecnica produttiva borghese che Marx intende colpire, è il suo carattere di ‘tecnica estraniata dall’uomo’, donde la oppressione e l’illibertà di questi nella sua vita in genere, che Marx vuole distruggere. E’ questo ch’egli intende quando ripete che nella società comunista ‘nessuno’ ha una cerchia esclusiva di attività, ma ‘ciascuno’ può specializzarsi in qualsiasi ramo. Il che significa che la specializzazione di ciascuno, inevitabile in quanto l’agire come il pensare non può esser che… determinato o particolare o specifico se vuol essere effettivo e reale, la specializzazione è impedita di tradursi in unilateralità… dalla libertà appunto assicurata prima e dopo l’atto della specializzazione, ad ogni individuo, da parte della comunità reale di cui è membro, dalla società comunista, dal suo clima umano, di libertà o razionalità o totalità, di eguaglianza ‘sociale’, non meramente politica” (1). Se tutto questo è esatto, ne discendono due considerazioni della massima importanza: la prima è che l’uomo politico non è, per il fatto stesso di essere in una posizione di dirigenza, uno specialista (anche se può esserlo contemporaneamente, ma come uomo di cultura), la seconda che lo specialista non è, per il fatto di possedere le massime capacità nel suo particolare ramo, un dirigente politico, anche limitatamente al suo settore” [Roberto Guiducci, Socialismo e verità. Pamphlets di politica e cultura, 1956] [(1) ‘La libertà comunista’, ed. Ferrara, Messina, 1946]