“Nel 1982 il politologo statunitense Marshall Berman scrisse un brillante libro sul tema della modernità. Con mossa originale e stravagante scelse per il titolo una frase: ‘All that is solid melts in to air’ (1). La frase è di Marx (‘Tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria’, ‘Manifesto’, ndr): originariamente era riferita alle trasformazioni continue dell’economia capitalistica e della società moderna in generale, in cui sembra che nulla possa consolidarsi e permanere. A me pare un’immagine particolarmente felice. Non è proprio una definizione del concetto di modernità, ma suggerisce la natura del problema. Questa specie di definizione, o meglio rappresentazione intuitiva, in ‘silhouette’, è riconducibile non già all’interpretazione hegeliana del carattere distintivo del moderno – che Hegel identifica con l’avvento della libertà soggettiva e il riconoscimento del suo valore, dunque con l’emancipazione dell’individuo da canoni e ordini la cui validità sia semplicemente presupposta -, bensì alla preoccupazione, ripetutamente e variamente manifestata da Hegel, delle possibili ‘degenerazioni’ del principio moderno. Ma nel nucleo della stessa intepretazione hegeliana della modernità – forzandone il significato al di là dei limiti di compatibilità con lo spirito dell’hegelismo – potrebbe essere rintracciata l’idea che quelle degenerazioni non sono affatto tali, o che non sono patologie evitabili o comunque arginabili: che la ‘natura’ del moderno non può non comportare un progressivo e incessante allentamento dei vincoli, legami, regole, tendenzialmente (o asintoticamente) la loro sparizione” [Michelangelo Bovero, Hegel e i confini della modernità] [(in) ‘La filosofia politica di Hegel’, a cura di G.M. Chiodi G. Marini e R. Gatti, 2003] [(1) Il libro è stato tradotto in italiano col titolo: ‘L’esperienza della modernità’, Bologna, 1985]
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- Articolo pubblicato:29 Gennaio 2015