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“Naturalmente Constant non è assolutista vecchio stile e perciò chiede l’indipendenza dei nuclei periferici dal centro. Lo fa, tuttavia, perché questo centro è fatalmente centro contrapposto alla periferia. Non riflette, però, che è tale in quanto è stato costituito proprio per progressiva eliminazione della periferia. Ha dunque un bel rivendicare le autonomie contro le sopraffazioni del centro, se prima ha costruito il centro proprio come una progressiva astrazione dai problemi e dalle volontà di base. In poche parole: una volta concentrata la direzione degli affari generali nelle poche mani del “governo costituzionale” egli lo ha predisposto alla sopraffazione degli affari particolari. Né il rimedio “localistico” che egli propone attenua il male. Lo aggrava anzi, giacché proprio nella misura in cui chiede che le autorità periferiche restino autonome nella propria sfera, le riduce a “enti locali” e non fa dunque che ribadire l’opposizione di “enti locali” e “potere centrale”. Ovviamente, non si polemizza con questo schema per rivendicare l’assolutismo e il centralismo dell”ancien régime’, ma per denunciare la contraddizione profonda del sistema del potere municipale nel quadro di un reggimento politico rappresentativo-elitario. E poiché questa concezione domina ancor oggi nella dottrina, vale la pena di contrapporle la concezione, da molti considerata sopraffattrice, del “centralismo democratico” di Marx. Scrive per esempio Marx, a proposito della Comune di Parigi: “In un abbozzo sommario di organizzazione nazionale che la Comune non ebbe il tempo di sviluppare è detto chiaramente che la Comune doveva essere la forma politica anche del più piccolo borgo (…). Le comuni rurali di ogni distretto avrebbero dovuto amministrare  i loro affari comuni mediante un’assemblea di delegati con sede nel capoluogo, e queste assemblee distrettuali avrebbero dovuto a loro volta mandare dei rappresentanti alla delegazione nazionale di Parigi, ogni delegato essendo revocabile in qualsiasi momento e legato al ‘mandat impératif’ (istruzioni formali) dei suoi elettori. Le poche ma importanti funzioni che sarebbero ancora rimaste per un governo centrale, non sarebbero state soppresse, come venne affermato falsamente in malafede, ma adempiute da funzionari comunali, e quindi strettamente responsabili. L’unità della nazione non doveva essere spezzata, anzi doveva essere organizzata dalla Costituzione comunale e doveva diventare una realtà attraverso la distruzione di quel potere statale che pretendeva essere l’incarnazione di questa unità indipendente e persino superiore alla nazione stessa, mentre non era che un’escrescenza parassitaria” (1). Il confronto è eloquente. Constant rivendica bensì il massimo dell’autonomia per gli “enti locali”, ma quando li ha ormai ridotti a una sfera di portata quasi insignificante, e li tutela contro il potere centrale soltanto per aver rigorosamente contrapposto il potere centrale agli “enti locali”. E’ insomma, questa, un’antitesi connaturata proprio alla contrapposizione di affari generali e affari particolari e da essa Constant non esce: postula bensì l’indipendenza del potere municipale ma in modo tale che quella stessa indipendenza è ormai soltanto la sanzione della sua impotenza perché è l’accettazione consolidata della competenza esclusiva del “centro” sugli affari generali. I prefetti napoleonici stanno lì a vegliare sulla rispondenza degli affari particolari ai “supremi” interessi  generali. Marx, accusato di centralismo, propone una soluzione assolutamente inedita: che il potere centrale sia tale soltanto in quanto centralizza (organizza) i poteri comunali; esso sarà bensì un potere centrale, ma espresso ‘dal basso’, e pertanto la direzione centrale non cadrà ‘dall’alto’. Le autonomie, insomma, non saranno più un sistema di isolamento degli affari particolari in gestione esclusiva dal momento che gli affari generali non sono più una gestione centrale esclusiva nei confronti dei poteri locali. E se le autonomie dovranno muoversi nell’ambito di una direzione generale centrale, è vero altresì che questa sarà espressa dal concorso in prima persona dei centri autonomi” [Umberto Cerroni, Introduzione (in) ‘Benjamin Constant, a cura di U. Cerroni, Roma, 1965] [(1) Karl Marx Friedrich Engels, Il Partito e l’Internazionale, Roma, 1948, p. 179. Nello stesso senso cfr. V.I. Lenin, La rivoluzione del 1905, II, Roma, 1949]