“E’ una pura tautologia dire che le crisi nascono da mancanza di consumo solvibile o di consumatori solvibili. Il sistema capitalistico non conosce specie di consumo che non sia quella solvibile, fatta eccezione per il consumo ‘sub forma pauperis’ o per quello del “mariuolo”. Che delle merci siano invendibili, non significa se non che per esse non si sono trovati compratori in grado di pagare, dunque consumatori (sia che le merci vengano comprate, in ultima istanza, a scopo di consumo produttivo o di consumo individuale). Ma, se si vuol dare a questa tautologia una parvenza di più profonda giustificazione dicendo che la classe operaia riceve una quota troppo misera del suo stesso prodotto; che, quindi, al male si  porrebbe rimedio qualora ne ricevesse una parte maggiore, e di conseguenza il suo salario crescesse, c’è solo da osservare che le crisi sono preparate ogni volta proprio da un periodo in cui il salario in generale aumenta e la classe operaia riceve ‘realiter’ una quota maggiore della parte del prodotto annuo destinata al consumo. Dal punto di vista di questi cavalieri del sano e “semplice” buon senso, quel periodo dovrebbe viceversa allontanare la crisi. Sembra dunque che la produzione capitalistica implichi condizioni indipendenti dalla buona o cattiva volontà, che solo in via momentanea, e sempre soltanto come segno premonitore di una crisi, permettono quella prosperità relativa della classe operaia” [Karl Marx, Il Capitale. Libro secondo, 2006, a cura di Bruno Maffi]