“Il documento di Marx evita preamboli religiosi, soffermandosi soltanto sulla necessità per gli associati di riconoscere “come base della loro condotta verso gli uomini: la Verità, la Giustizia e la Morale, senza distinzione di razza, di credenze, di nazionalità” e per ciò sarà parso a ragione più logico ed anche più democratico, perché basato su princípi più semplici e tali da poter essere accolti da tutti, senza sottoscrivere atti di fede complicati o inaccessibili. (…) Marx confessava ancora ad Engels che nella stesura dello Statuto dell’Internazionale non si rispecchiava tutto il suo programma, dovendo esso accontentare una varietà di correnti rappresentate in seno al Consiglio. Del resto l’idea dell’Associazione era sorta all’ombra delle Trade-unions, e non certo per condurre gli operai al comunismo, ma solo per creare le basi di una solidarietà internazionale dei lavoratori, e con lo scopo precipuo di evitare il crumiraggio straniero negli scioperi nazionali. Indubbiamente egli sperava sin da allora di poter condurre il movimento operaio mondiale su quelli che dovevano essere i traguardi più audaci di azione e di lotta; e perciò scriveva all’amico: “il requisito del momento è ‘fortiter in re, suaviter in modo'” (Marx-Engels, Il partito e l’Internazionale, 1948)” [Francesco Fiumara, Mazzini e l’Internazionale. (Contatti, rapporti, polemiche), 1968]