“”Il vero ‘limite’ della produzione capitalistica è il ‘capitale stesso’, è questo: che il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come punto di partenza e punto di arrivo, come motivo e scopo della produzione; che la produzione è solo una produzione per il ‘capitale’ e non al contrario [nicht umgekehrt] i mezzi di produzione sono dei semplici mezzi per una continua estensione del processo vitale per la ‘società’ dei produttori. I limiti nei quali possono unicamente muoversi la conservazione e l’autovalorizzazione del valore-capitale, che si fonda sull’espropriazione e l’impoverimento delle grandi masse dei produttori, questi limiti si trovano dunque continuamente in contraddizione [in Widerspruch] con i metodi di produzione che il capitale deve applicare per raggiungere il suo scopo, e che perseguono l’accrescimento illimitato della produzione, la produzione come fine in se stessa, lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali del lavoro. Il mezzo – lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali – viene continuamente in conflitto col fine ristretto, la valorizzazione del capitale esistente [= privato]. Se quindi il modo di produzione capitalistico è un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva materiale e la creazione d’un corrispondente mercato mondiale, esso è al tempo stesso la costante contraddizione [der beständige Widerspruch] fra questo suo compito storico e i rapporti sociali di produzione corrispondenti”. [Galvano Della Volpe, Chiave della dialettica storica, 1964]