“Se si volesse indicare un qualche punto di riferimento che ha avuto l’effetto di allargare in senso “sociale” la storia “intima” crociana, dovremmo forse pensare, oltre alle sollecitazioni del Nitti e dei Fortunato, agli scritti storici di Marx stesso, dal ‘XVIII Brumaio di Luigi Bonaparte’, e a ‘Lotte di classe in Francia del 1848 al 1850’, a ‘Rivoluzione e controrivoluzione’ o il ‘1848 in Germania’ (169). Dovremmo pensare inoltre a Labriola, che nell”88-’89 aveva effettuato un corso sulla rivoluzione francese e dal 1891 al 1894 altri corsi sulla storia del socialismo e sulla storia ripercorsa attraverso Marx, Engels e Morgan (170). In una delle lettere solo di recente pubblicate, del 16.11.1998 (171), Croce consigliava infatti al maestro di lasciare da parte “le questioni generali e metodiche” e di mettere in esecuzione “qualche lavoro di indole storica” che da tempo progettava, sulla rivoluzione francese, su Fra Dolcino o sull’Italia moderna. E ciò benché Croce stesso non avesse mai abbracciato, dal punto di vista metodologico, il materialismo storico, attenendosi sempre ad un’euristica multifattoriale (172), che di quello rifiutava il rischio di ipostatizzare i concetti (173)” (pag 181) [Salvatore Cingari, ‘Alle origini del pensiero “civile” di Benedetto Croce. Modernismo e conservazione nei primi vent’anni dell’opera (1882-1902)’, Editoriale Scientifica, Napoli, 2002] [note (pag 204-205): (169) Curando e introducendo un’edizione italiana di quest’opera, Croce sottolineava infatti che quei libri erano “in grado di dar l’impressione la nozione di ciò che la storia dev’essere per sua natura: indagine di un complesso di fatti, alla quale siamo spinti non da oziosa curiosità ma dal bisogno di procacciarci lume pei problemi che agitano il nostro spirito (…) di rado s’incontra un intelletto così schiettamente storico come quello di Marx, ossia così abile a discernere tra le cause apparenti quelle fondamentali, e sotto la maschera delle parole la realtà delle azioni”: cfr. ‘Prefazione’ (1899), Milano, 1921 (seconda ristampa), pp. III-VIII. Al nesso fra l’attenzione per la storiografia marxiana e quella crociana ha accennato anche G. Mastroianni, in ‘Antonio Labriola e la filosofia in Italia’, Urbino, 1978, pp. 81-82; (170) Cfr. L. Dal Pane, ‘Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana’, Torino, 1975, pp. 202-208, 253-256 e 485-490; (171) Cfr. dal Fondo Dal Pane, nell’Archivio storico per le province napoletane’, 1990-1991, p. 739; (172) Secondo Croce (‘F. De Sanctis e i suoi critiic recenti’, cit., pp. 10-11) “la storia di un fatto è di necessità legami e relazioni, ed influenze attive e passive con altri fatti”. “La vita e la società – scriveva inoltre – possono presentare in un dato tempo una concordia dominante di sentimenti e di opinioni, ma possono anche presentare due o più grandi correnti diverse, o una corrente principale e altre secondarie; ed è naturale che le prime distinzioni ed aggruppamenti in quella folla di opere letterarie si debbano fare da questo punto di vista; (173) Nel saggio del 1897 ‘Per la interpretazione e la critica di alcuni concetti del marxismo’ (in ‘Atti dell’Accademia Pontaniana’, cit., p. 40) Croce, pur continuando a sottolineare gli aspetti positivi del nuovo approccio, criticava già l’uso di talune sue categorie, come il concetto di lotta di classe: “talvolta le classi” – scriveva infatti – “non hanno avuto interessi antagonistici, e molto spesso non ne hanno coscienza” (ivi, p. 25); o come quello sulla primazia del fatto economico sugli altri, che, in queste pagine, subisce un riassorbimento, rispetto al saggio del ’96, nell’originaria adesione al principio dell’ “interdipendenza e concorrenza dei fattori sociali” (ibidem). Sottolineava inoltre che era necessario evitare di ipostatizzare concetti soprastorici come l’Ente-famiglia o il matriarcato dell’Engels dell’ ‘Origine della proprietà privata, della famiglia e dello Stato’; e altresì di confondere le ‘forme economiche’ con le ‘epoche economiche’ o non prendere per buoni concetti come la ‘legge ferrea dei salari’ o il ‘concentramento della proprietà privata in poche mani’, o come l’eredità che la filosofia classica tedesca avrebbe lasciato al proletariato (cfr. ivi, pp. 27-28). A componenti “realistiche” nella storiografia del giovane Croce influenzata da Labriola, ha accennato anche C. Carini in ‘Benedetto Croce e il partito politico’, Firenze, 1975, p. 30]
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- Articolo pubblicato:8 Maggio 2025