“La difficoltà maggiore per capire il postulato marxiano sull’abolizione dello stato deriva dal fatto che si trascurano le implicazioni dialettiche del termine ‘Aufhebung’. Si dovrebbe tener presente inoltre l’ammissione di Marx che, anche nello stadio più alto, la società socialista avrà bisogno di organi direttivi e di coordinamento, almeno per quanto riguarda la produzione economica, poiché il socialismo richiede la sottomissione dei poteri creativi dell’uomo alla sua direzione consapevole (1). In ‘La guerra civile in Francia’ Marx parla di una «delegazione nazionale», che avrebbe dovuto essere istituita dalla Comune, e non lascia capire in nessun punto che alla fine questo nuovo organismo debba scomparire (2). (…) La difficoltà può in parte essere superata rilevando che Marx ed Engels differiscono notevolmente nel modo di interpretare la scomparsa finale dello stato per opera del socialismo. Mentre Engels, nel famoso passo dell”Antidühring’ parla dello stato «che avvizzisce» (‘der Staat wird nicht «abgeschafft», er stirb ab) (4), Marx fa sempre riferimento alla soppressione e superamento (‘Aufhebung’) dello stato. ‘Absterben des Staates’ e ‘Aufhebung des Staates’ sono chiaramente due termini differenti derivanti da tradizioni intellettuali del tutto diverse: mentre l’ ‘Absterben’ di Engels pone un’analogia di ordine biologico, l’ Aufhebung’ di Marx è un termine filosofico con chiare implicazioni dialettiche. Marx si riferisce per la prima volta all’ ‘Aufhebung des Staates’ nei vari saggi del 1843. Come abbiamo già visto concepisce lo stato moderno come una tensione perpetua tra l’idea di universalità, presa a baluardo ideale contro gli interessi particolaristici della società civile, e questi stessi interessi antagonistici. Da questo punto di vista Marx considera sempre lo stato in modo diverso da Engels (e così da Kautsky e da Lenin che seguirono largamente Engels). Per Engels lo stato non è altro che un’organizzazione coercitiva esterna, meccanicisticamente diretta dalle forze economiche dominanti (5). Per Marx l’esistenza dello stato attesta l’esistenza di una tensione tra reale e ideale, tra le forze sociali esistenti, particolaristiche, volte all’interesse, e il postulato dell’universalità. Questa tensione esiste, secondo Marx, perché il moderno stato politico, in quanto tale, riguarda solo un segmento della vita reale, mentre tutte le altre sfere della vita restano aperte al ‘bellum omnium contra omnes’ della società civile. In un articolo sul «Vorwarts!» del 1844 Marx dice che quanto più distinta è l’esistenza di una sfera politica separata, tanto più lontana è una società dal realizzare gli autentici principi informatori dello stato, cioè l’universalismo” (pag 255-256) [Shlomo Avineri, ‘Il pensiero politico e sociale di Marx’, Il Mulino, Bologna, 1972] [(1) ‘L’ideologia tedesca’, cit., p. 73; ‘Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’, cit., p. 574; ‘Il Capitale’, cit., vol. III, pp. 932-933; (2) ‘La guerra civile in Francia’, cit., p. 59. D’altra parte Lenin (‘Stato e rivoluzione’, in ‘Opere scelte’, cit., pp. 915 ss.), interpreta che anche questo «residuo di stato» scomparirà. Potrebbe essere una glossa interessante di Lenin al testo di Marx, che tuttavia non espresse mai quel concetto in modo inequivocabile; (3) Questa tesi è stata avanzata in modo molto convincente, da Thilo Ramm, ‘Die Künftige Gesellschaftsform nach der Theorie von Marx und Engels’, in ‘Marxismusstudien, cit., vol. II, pp. 77-119; (4) F. Engels, ‘Antidühring’, Roma, 1968; (5) Cfr. R. Miliband, ‘Marx and the State’; in “Social Register”, London, 1965, pp. 278-296; (6) “Vorwarts!”, 7 agosto 1844 (‘Scritti politici giovanili’; cit., p. 42); cfr. anche ‘Annali franco-tedeschi’, cit., pp. 270-271]