“Secondo il testo sul parlamentarismo del 1923, è con Marx che il razionalismo assoluto va davvero oltre se stesso, scoprendo il ‘pathos’ della concretezza storica dell’immanenza radicale, per cogliere quindi quell’origine delle forme politiche che al liberalismo resta ignota (non a caso, sono proprio Marx e Donoso Cortés a vedere nel liberalismo un ‘interim’, cioè a relativizzarne e a storicizzarne le categorie, a sancirne la contingenza). Secondo Schmitt, con Marx la scienza dell’ ‘Aufklärung’ cessa di essere l’unico paradigma politico del razionalismo, e anzi il suo ottimismo si rovescia in apocalisse; con Marx la ragione affronta la non-ragione per riconoscere in questa, nel conflitto ‘metafisico’ fra borghese e proletario, l’origine e l’esito necessario della ragione moderna. Con Marx, quindi, la rivoluzione non è più applicazione e ‘sviluppo’ tenico-scientifico della ragione, e diviene una scienza della storia concreta che è anche scienza delle «cose avvenire», sottratte, nella loro concretezza effettuale, a ogni facile progressismo (47). Nel saggio sul parlamentarismo il marxismo dunque appare portatore di una consapevolezza politica (o metafisica) superiore a quella liberale e razionalistica. Del resto, anche in ‘La dittatura’, il marxismo classico di Engels è visto come esempio di consapevolezza (opposta alla borghese incapacità di pensare oltre e fuori la sicurezza e l’unità dello Stato) tanto della frattura reale che percorre l’unità formale dello Stato (cioè, per i marxisti il proletariato, e per Schmitt l’eccezione) quanto del rapporto necessario che intercorre fra la concretezza dell’eccezione (la parte rivoluzionaria del popolo, il suo potere costituente), la dittatura sovrana (del proletariato) e la costruzione di una forma politica concreta (anche se, nel caso del marxismo, orientata all’estinzione dello Stato). Il marxismo sa che il ricorso alla dittatura è necessario all’agire politico in grande stile; e anche in ‘Dottrina della costituzione’ e nel ‘Begriff des Politischen’ al marxismo viene accredtata una superiore capacità politica, perché la ‘classe’ marxista è un’identità tanto polemica da essere capace di creare forma politica. E benché la fonte di questa valutazione del marxismo sia verosimilmente la tesi donosiana della superiorità ‘satanica’ del socialismo (che era però quello di Proudhon) sul liberalismo, è tuttavia evidente che Schmitt svolge questa tesi ben al di là del controrivoluzionario cattolico” (48)” (pag 542-543) [Carlo Galli, ‘Genealogia della politica. Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno’, Il Mulino, Bologna, 2010] [(47) Cfr. GLhP, p. 64-68 (p. 65 sulla scienza della natura e la scienza marxista, che sta nell’intensità metafisica dello scontro; p. 67 sulla storia e sulle ‘kommende Dinge); (48) Sul marxismo, sulla sua rottura dell’unità dello Stato, sulla scoperta della dittatura sovrana in continuità col giacobinismo cfr. D pp. 216-217. Sulla lotta di classe marxista in quanto dotata di potenziale politico in senso forte cfr. CP pp. 121 e 160, nonché DC pp. 306-307; il proletariato è un’omogeneità che implica il nemico. La minore radicalità del liberalismo rispetto al socialismo – proprio della teoria atea del potere costituente del popolo – è in Donoso, ‘Saggio’, cit., libro II, cap. 8, pp. 225 sgg; su Donoso cfr. cap. IX, nota 27 e ivi § 4] [Carl Schmitt: GLhP : ‘Die geistesgeschichtliche Lage des heutigen Parlamentarismus’ (1923, Berlin, Duncker, Humblot, 1979 (esiste una traduzione italiana del cap. IV col titolo ‘La teoria politica del mito’; D : ‘La dittatura. Dalle origini all’idea moderna di sovranità alla lotta di classe proletaria’ (…); CP : ‘Il concettto di “politico”‘. Testo del 1932 (…); DC : ‘Dottrina della costituzione’, Milano, Giuffrè, 1984]
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- Articolo pubblicato:6 Marzo 2025